DEFINIZIONE
Da Wikipedia riporto una delle definizioni che mi sembra tra le più complete per definire chi sia il “cristiano”:
“In generale, il cristiano è colui che segue gli insegnamenti di Gesù Cristo, che lo considera Figlio di Dio, che santifica il Nome di Dio e compie la sua volontà, che principalmente è svolgere l’azione di predicazione della buona notizia del regno di Dio come fece d’esempio Gesù, e che comandò ai suoi discepoli”.
ANALISI
Vogliamo provare ad analizzare le parti che ho evidenziato in grassetto? Perché, a mio avviso, nella duplice domanda che titola e sottotitola questo Blog, penso che la risposta possa essere sintetizzata nella definizione, ma guardando un po’ la società in cui viviamo e, per estensione, il mondo che abitiamo, mi sembra che ci sia qualcosa che si faccia fatica a far quadrare con quella definizione.
Allora, che dite, ci proviamo?
“…segue gli insegnamenti di Gesù Cristo…”
Definire il cristiano un “seguace” di Cristo, significa individuare una persona che ne condivida il pensiero, le opere, il Suo insegnamento e che quindi vi si adegui, ma non passivamente, seguendo di conseguenza quella guida – Gesù – perché se ne condividono idee e progetti.
Nessuno si porrebbe alla sequela di chi non rispecchi il nostro modo di pensare o, quantomeno, non susciti in noi interesse per ciò che ci propone ed invita a realizzare. All’epoca di Gesù non credo che le folle lo seguissero solo per i miracoli che compiva – anche, ovviamente – ma soprattutto per quelle Parole con le quali prospettava un cambiamento radicale nello stile di vita di ognuno di loro, nell’indicare una priorità di valori basati sulla fratellanza, sulla solidarietà umana e, in una parola, sulla carità cioè sull’amore reciproco. Vedevano e speravano in Lui un cambiamento radicale delle loro condizioni di vita così precarie e sofferenti.
Domando: ma a duemila anni di distanza, coloro che si dichiarano apertamente cristiani, quelle nazioni che dicono che la propria religione di Stato è cristiana e, aggiungo, cattolica, vi sembra abbiano abbracciato quei valori proposti da Gesù, il Cristo, l’”Unto”, il “Consacrato”, e che questi valori siano stati accettati e messi in pratica nella quotidiana relazione tra cristiani e, più in generale, tra gli uomini?
Me la consentite qualche perplessità a tal proposito? Se dobbiamo guardarci attorno mi sembra difficile parlare di seguaci nel senso su espresso, quanto piuttosto di persone che “inseguono” Gesù e i Suoi insegnamenti per distruggerli o per, qualunquisticamente, ignorarli perché ci limitano nella nostra libertà, in quella accezione che fa rima con “fare quello che si vuole” anche se ciò lede la libertà degli altri e, quando lo si fa notare, spesso la risposta, con sublime arroganza, è un bel “e chi se ne frega!”.
Del resto, proprio dalla mancanza di rispetto della reciproca libertà nascono liti, conflitti, faide e guerre, perché quando l’uomo sostituisce e si sostituisce agli insegnamenti di Cristo, le conseguenze sono palpabili sotto i nostri occhi e quella vantata libertà si trasforma in una schiavitù per molti ad opera di pochi, schiavi a loro volta della paura per la sicurezza della loro vita. Di tiranni, dittatori che dopo anni di violenze perpetrate ai danni della propria gente, del loro popolo, da quest’ultimo ne sono stati fatti oggetto di violenta reazione con fini ignominiose ed ingloriose… ce n’è più di uno. Per la cronaca, tra i più recenti, Saddam Hussein, Muʿammar Gheddafi e, per poco, anche Bashar al-Assad avrebbe fatto la stessa fine…
“…lo considera Figlio di Dio…”
Ma è proprio così? Coloro che si professano cristiani, realmente considerano questa identità di Gesù quale Figlio di Dio, la seconda persona della Trinità? O non piuttosto un grande uomo, un profeta, un taumaturgo eccezionale, ma pur sempre un uomo? Magari dotato di indiscutibili poteri soprannaturali, ma che tutto sommato anche molti altri uomini, i Santi, avevano… dimenticando che il potere taumaturgico di costoro non è altro che la concessione, per la loro fede in Cristo e del miracolato che a loro si rivolge per essere esaudito/guarito, proveniente dal Figlio di Dio che al Padre si rivolge per implorare la Sua azione salvifica.
In Gv 11, 41-45 si legge:
“41 Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato»”.
Il cristiano di oggi crede ancora in questa dualità tra Padre e Figlio, in un’unica persona, assieme allo Spirito Santo? Crede in ciò che il Credo afferma? e cioè:
“Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli”
e:
“Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”
Perché se queste parole, anche e soprattutto per chi frequenta la chiesa e la S. Messa, le ripetiamo pappagallescamente senza ben comprendere non solo il significato letterale, se ancora ci facciamo caso, ma la portata salvifica che hanno in sé stesse, allora penso che quella “verniciatura” di cristianesimo che abbiamo sulla pelle sia veramente posticcia…
“…santifica il Nome di Dio…”
In Mt 6,9 il Padre nostro, preghiera insegnata da Gesù, così recita proprio all’inizio:
“Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome…”
Ma cosa significa “santificare” il nome di Dio? Un’espressione poco usuale nel nostro gergo, nel nostro parlato.
Così lo spiega Papa Francesco nella Udienza Generale tenutasi in P.zza San Pietro il 7 febbraio 2019:
“Sia santificato il tuo nome” significa impegnarsi affinché la mia vita sia un inno di lode alla grandezza di Dio; sia una manifestazione concreta della mia fede in Lui; significa impegnarsi nella via della santità affinché gli altri glorifichino il Suo Santo nome.
Ci sentiamo concordi con questa spiegazione? Quanto la nostra vita è un “inno di lode” o non piuttosto una imprecazione continua – magari anche con qualche bestemmia che ci scappa… – perché le cose non vanno secondo il nostro volere? Quanto riteniamo “grande” il Padre eterno o non piuttosto lo consideriamo alla stregua di una divinità “impotente” che non interviene in difesa della sua creatura oggetto di violenze e soprusi? È questa la nostra fede in Lui? messa quotidianamente non alla prova, ma in discussione ad ogni piè sospinto? Quanto ci impegniamo con umiltà in una vita che miri alla santità, così poco di “moda” – meglio una vita da “influencer”… – e quanto cerchiamo di comportarci secondo quei valori di carità cristiana motivo per cui “gli altri glorifichino il Suo Santo nome”? O non piuttosto vengano scandalizzati per il nostro modo di agire e di relazionarci con gli altri, poco conforme al nostro dichiararci cristiani?
“…e compie la sua volontà…”
Prosegue Papa Francesco:
“E nello stesso tempo c’è la supplica che il suo nome sia santificato in noi, nella nostra famiglia, nella nostra comunità, nel mondo intero. È Dio che santifica, che ci trasforma con il suo amore, ma nello stesso tempo siamo anche noi che, con la nostra testimonianza, manifestiamo la santità di Dio nel mondo, rendendo presente il suo nome. Dio è santo, ma se noi, se la nostra vita non è santa, c’è una grande incoerenza! La santità di Dio deve rispecchiarsi nelle nostre azioni, nella nostra vita. “Io sono cristiano, Dio è santo, ma io faccio tante cose brutte”, no, questo non serve. Questo fa anche male; questo scandalizza e non aiuta”.
Che aggiungere?
Forse che dovremmo rivedere, con onestà, lo scollamento tra il nostro apparire e il nostro essere… poco cristiani! Il noto modo di dire: “Fai quel che dico, non fare quel che faccio” non regge in un rapporto di coerenza che dovrebbe essere preso a riferimento, ad esempio, piuttosto che foriero di contraddizione. Un sacerdote che dall’altare “predicasse bene e razzolasse male” (altra espressione popolare) non darebbe certo buon esempio di virtù cristiane!
Non a caso il detto “Da che pulpito vien la predica” (*) cade a fagiolo nel sottolineare l’incoerenza e la contraddizione tra quanto predicato (religiosamente) o suggerito (laicamente) e poi messo in pratica.
Ancora la Parola del Vangelo ci viene incontro – come in Mt 23,4 – quando Gesù, riferendosi agli Scribi e ai Farisei, li stigmatizzava con queste parole:
“4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito”.
E il cristiano di oggi quanto è coerente con gli insegnamenti di Cristo? Quanto mettiamo in pratica le Opere di Misericordia spirituali e corporali? O non siamo noi i nuovi Farisei? Non recitiamo, forse, nella preghiera del Padre nostro: “…sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”?

Più chiaro di così…
“…predicazione della buona notizia del regno di Dio… comandò ai suoi discepoli…”
Che potremmo scrivere e leggere così: “comandò ai suoi discepoli la predicazione della buona notizia del regno di Dio”. Ma per annunciarla occorre conoscerla… Quanti cristiani che si professano tali conoscono la Parola di Dio? Quando l’ultima S. Messa partecipata? Perché molti cristiani sono definiti tali in quanto battezzati, ma del cristiano “credente, osservante e praticante” a volte se ne sono perse le tracce ed è scoraggiante entrare nelle nostre belle chiese e trovarle… vuote!
Nella nostra Italia cristiana e cattolica per il “rispetto” delle altre religioni e degli stranieri di altre confessioni religiose, abbiamo pensato bene di rendere facoltativa l’ora di religione nelle scuole per quel “politically correct”, tanto amato da una certa corrente politica, dei cui effetti ne “godiamo” tutti in questa società sempre più violenta ispirata a ideali che di cristiano hanno ben poco, in nome di una ventilata e sbandierata uguaglianza che ha creato più disparità e mancanza di solidarietà sociale che mai.
Nella recita del S. Rosario – nei Misteri Luminosi – al 3° Mistero si contempla “L’istituzione del Regno di Dio” coerentemente con il Padre nostro che così recita: “…venga il tuo regno…”.

Ma se non abbiamo più memoria e pratica degli insegnamenti evangelici e della Chiesa (nella quale si dice di non credere più, affermando quasi “trionfalisticamente” di “credere in Dio, ma non nella Chiesa e nei preti, Papa compreso”, affermazioni fatte da persone che si dicono cristiane…) cosa vorremmo andare a evangelizzare?
Probabilmente avremmo bisogno noi di essere “rievangelizzati”…
E concludo con una frase estratta dalla Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei che così recita:

“…O Madre buona, abbi pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri defunti, soprattutto dei nostri nemici e di tanti che si dicono cristiani, eppur offendono il Cuore amabile del tuo Figliolo…”
Che dire di più? A voi, al termine di questa riflessione, dare la definizione, o meglio, la risposta al quesito che titola questo blog (e se volete comunicarmela, scrivetela pure nello spazio qui sotto dedicato a tale scopo. Sarò lieto rispondervi personalmente).
Con affetto, vostro Antonio.
(*) Pulpito: Elemento architettonico della chiesa, consistente in una piattaforma sopraelevata e fornita di parapetto, destinato alla predicazione. Con le riforme liturgiche seguenti al Concilio Vaticano II, il pulpito cadde in disuso.


















2 risposte
Ben scritto.
Nulla da aggiungere.
Buongiorno Carlo, apprezzo il sintetico ma esaustivo commento. Se può interessarle, per fine febbraio 2025 pubblicherò un libro dal titolo: BLOG Vol.1 – Riflessioni e considerazioni su temi sociali/spirituali/etici e di attualità- che conterrà tutti i blog da me scritti dal 2022 al 2024. Ringraziandola per l’attenzione, la saluto e auguro buona lettura. Con affetto, Antonio.