Antonio Palmiero

ANNO SANTO 2025: “PELLEGRINI DI SPERANZA”?

ANNO SANTO 2025: PELLEGRINI DI SPERANZA?_AntonioPalmiero

PREMESSA

Quanto seguirà è stato tratto e riportato da diverse fonti per poter correttamente raccontare in sintesi ciò che è e riguarda il Giubileo. Per correttezza ho riportato dette fonti e i vari riferimenti per chi desiderasse approfondire ulteriormente questa tematica. Non avrebbe avuto senso cercare di rabberciare qualche nozione estrapolata di qua e di là per scrivere qualcosa che è ormai ben codificata. Differentemente, nel capitolo relativo alla “RIFLESSIONE: E NOI COME CI PONIAMO IN QUESTO CAMMINO?”, ritorno ad esprimere la mia opinione in merito alla domanda con cui ho titolato il presente articolo. Buona lettura.

COS’È L’ANNO SABBATICO? UN CHIARIMENTO PER NON FARE CONFUSIONE

Traggo da un articolo pubblicato sul foglietto della S. Messa de LA DOMENICA a cura di Don Primo Gironi – biblista:

“La Bibbia conosce due grandi doni che Dio fa al suo popolo: l’anno sabbatico e il giubileo. …  Questo nome [l’anno sabbatico] ha origine dal termine ebraico shabat, che significa “riposare”: <<Quando entrerete nella terra che io vi do, la terra farà il riposo del sabato in onore del Signore: per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti, ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra>> (Lv 25, 1-3). … Come il Signore ha “lavorato” sei giorni nella creazione e al settimo si è “riposato”, così l’anno sabbatico colloca il suolo nel ritmo lavoro/riposo, che regola anche la vita dell’uomo (<<Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma nel settimo giorno farai riposo>>: Es 20, 12). Nell’anno del riposo sabbatico la terra non produce frutti, ma Dio rivela la sua grande provvidenza facendo nascere spontaneamente dal suolo i prodotti, destinati ai poveri del suo popolo: lo schiavo, la schiava, il bracciante, lo straniero, l’orfano, la vedova (cf. Lv 25,6). Con la ricchezza del suo dono, Dio benedice la sua terra, si prende cura del suo popolo e il popolo si affida alla forza della sua benedizione.”

Consentitemi una battuta: il Signore, senza i sindacati, aveva già previsto il giorno di riposo; oggi lavoriamo anche la domenica e le feste comandate…

COS’È IL GIUBILEO? UN PO’ DI STORIA IN SINTESI

Da Wikipedia:

Il Giubileo ha origine dalla tradizione ebraica che fissava, ogni 50 anni, un anno di riposo della terra (con lo scopo pratico di rendere più forti le successive coltivazioni), la restituzione delle terre confiscate e la liberazione degli schiavi, questo affinché non ci fossero comunque il troppo ricco o il troppo povero. Per segnalare l’inizio del Giubileo si suonava un corno di ariete, in ebraico jobel, da cui deriva il termine cristiano Giubileo. Gesù cita esplicitamente un testo del profeta Isaia che segna così l’ingresso del tema giubilare nel Nuovo Testamento. Gesù infatti, recatosi a Nazareth, entra nella sinagoga e legge una pagina di Isaia che proclama “l’anno di grazia del Signore” (Luca 4, 18-19[3]; Isaia 61, 1-2[4]).

Dal sito della Diocesi di Vicenza: https://www.diocesivicenza.it/giubileo-della-speranza-2025/

ORIGINI

Per i Cattolici l’Anno Santo rappresenta un “tempo straordinario di grazia” dedicato alla riconciliazione e alla remissione di peccati.  Il Giubileo entrò nella tradizione Cristiana nel 1300 grazie a papa Bonifacio VIII che indisse il primo Anno Santo del mondo cattolico. Dal XV secolo la Chiesa stabilì che il Giubileo fosse indetto ogni venticinque anni, periodo di tempo che definisce il Giubileo ordinario. Fino ad oggi sono stati indetti 30 anni giubilari, 25 ordinari e 5 straordinari. L’ultimo ordinario fu quello del 2000, indetto da papa Giovanni Paolo II. Il Giubileo 2015-2016, il trentesimo, è stato un Giubileo Straordinario, indetto da Papa Francesco come “Anno Santo della Misericordia”.

I SIMBOLI DEL GIUBILEO E IL LORO SIGNIFICATO

SIGNIFICATO DEL LOGO (tratto dalla Homepage/Giubileo 2025)

Il Logo rappresenta quattro figure stilizzate per indicare l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra. Sono una abbracciata all’altra, per indicare la solidarietà e fratellanza che deve accomunare i popoli. Si noterà che l’apri-fila è aggrappato alla croce. È il segno non solo della fede che abbraccia, ma della speranza che non può mai essere abbandonata perché ne abbiamo bisogno sempre e soprattutto nei momenti di maggiore necessità. È utile osservare le onde che sono sottostanti e che sono mosse per indicare che il pellegrinaggio della vita non sempre si muove in acque tranquille. Spesso le vicende personali e gli eventi del mondo impongono con maggiore intensità il richiamo alla speranza. È per questo che si dovrà sottolineare la parte inferiore della Croce che si prolunga trasformandosi in un’ancora, che si impone sul moto ondoso. Come si sa l’ancora è stata spesso utilizzata come metafora della speranza. L’ancora di speranza, infatti, è il nome che in gergo marinaresco viene dato all’ancora di riserva, usata dalle imbarcazioni per compiere manovre di emergenza per stabilizzare la nave durante le tempeste. Non si trascuri il fatto che l’immagine mostra quanto il cammino del pellegrino non sia un fatto individuale, ma comunitario con l’impronta di un dinamismo crescente che tende sempre più verso la Croce. La Croce non è affatto statica, ma anch’essa dinamica, si curva verso l’umanità come per andarle incontro e non lasciarla sola, ma offrendo la certezza della presenza e la sicurezza della speranza.

È ben visibile, infine, con il colore verde, il Motto del Giubileo 2025, Peregrinantes in Spem. (Pellegrini di Speranza).”

LA PORTA SANTA 

La Porta Santa è uno dei simboli più forti del periodo giubilare ed ha un significato ben preciso: rappresenta infatti il passaggio che ogni cristiano deve fare dal peccato alla grazia, pensando a Gesù che dice «Io sono la porta» (Giovanni 10, 7). La Porta Santa è una porta murata e viene aperta solamente in occasione del Giubileo. Oltre a San Pietro hanno una Porta Santa le altre tre Basiliche maggiori di Roma: San Giovanni in Laterano (la Cattedrale del Papa), San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore.

COS’È L’INDULGENZA PLENARIA?

L’indulgenza plenaria, in occasione del Giubileo, è una grazia straordinaria che guarisce completamente l’uomo dalle conseguenze del proprio peccato, facendone una nuova creatura. Si ottiene con un atteggiamento di distacco da ogni peccato, confessandosi, ricevendo l’Eucaristia, pregando secondo le intenzioni del Papa, recandosi in pellegrinaggio in una delle chiese giubilari e attraverso atti di carità.

L’Anno Santo 2025, in quanto Giubileo “ordinario”, prevede quanto segue: le Porte Sante saranno esclusivamente quelle delle quattro Basiliche papali di Roma, alle quali il Papa aggiungerà, con intento simbolico, una “Porta Santa” in un carcere, per esplicitare che nessuno, anche se impedito ad uscire e raggiungere Roma, resterà privo della grazia dell’Anno Santo.

Ogni Vescovo, comunque, stabilirà delle “chiese giubilari” dove recarsi in pellegrinaggio, vivere il Sacramento della Riconciliazione e poter ottenere l’Indulgenza, come definito dal Papa attraverso la Penitenzieria apostolica, che ha previsto le modalità specifiche con le quali anche gli infermi o le persone in qualsiasi modo impedite a muoversi potranno vivere l’esperienza benefica dell’indulgenza giubilare. 

PREGHIERA DEL GIUBILEO

RIFLESSIONE: E NOI COME CI PONIAMO IN QUESTO CAMMINO?

Bene, dopo la lettura di quanto sopra riportato, desidero puntualizzare che quel punto di domanda nel titolo di questo blog non è un errore di digitazione, ma un segno di interpunzione che ci interroga e ci chiede se per noi, per ognuno di noi, durante il cammino, lungo il percorso e al suo termine, vediamo la Speranza o siamo scoraggiati ancor prima di partire per questo viaggio, per l’incontro con chi quella Speranza ce la dona.

Usciamo dalla solita retorica buonistica nella quale vediamo in questo Anno Sanno un “libera tutti” a buon mercato e tutto sommato conveniente ed ottenibile “…confessandosi, ricevendo l’Eucaristia, pregando secondo le intenzioni del Papa, recandosi in pellegrinaggio in una delle chiese giubilari e attraverso atti di carità.”.

Direi non male, tutto sommato e nemmeno così impegnativo, ma volutamente ho omesso la parte che precede e cioè che: “Si ottiene con un atteggiamento di distacco da ogni peccato…” ecco il punto. Se non entriamo in questa logica rischiamo di assolvere ad una “pratica burocratica”: una confessione più o meno ben preparata; una S. Eucaristia che in definitiva la ricevono in tanti e perché non dovrei riceverla anch’io; due preghierine come desidera il Papa; magari l’occasione per fare un bel viaggetto magari a Roma (dove si mangia anche bene… il che non guasta) e un’offerta a qualche poveretto, magari 1 € che non si nega a nessuno… e vai!

“Cosa fatto capo ha” potremmo concludere come dice il proverbio per indicare la liberazione di un peso, rappresentata, in questo caso, da un’azione conclusa repentinamente, per non pensarci più e non avere più l’angoscia/l’ansia/il dovere di farla e in più col “premio” finale di: “…una grazia straordinaria che guarisce completamente l’uomo dalle conseguenze del proprio peccato, facendone una nuova creatura…”. Bingo!

Perdonatemi il tono volutamente provocatorio, ma penso che se questo fosse l’atteggiamento con il quale ci ponessimo nel voler celebrare il Giubileo, saremmo un po’ fuori strada, giusto per rimanere in tema di “viaggetti” o meglio di “pellegrinaggi”.

Se veramente intendiamo approfittare, nel senso più positivo del termine, di questo tempo straordinario nella sua ordinarietà (L’Anno Santo 2025, in quanto Giubileo “ordinario…”) dovremo fare un po’ il punto della nostra condizione morale, non moralistica, con molto equilibrio e onestà. Non siamo i più grandi peccatori e “malfattori” di questa terra, ma nemmeno angeli dl Paradiso… o no?

L’umana natura e la concupiscenza, conseguenza del peccato originale che abbiamo contratto a causa del peccato primordiale dei nostri progenitori, ha indebolito fortemente il nostro libero arbitrio, motivo per cui la nostra capacità di resistere alla tentazione (meglio sarebbe fuggirla…) è diventata molto fragile e la caduta nel peccato molto più facile.

Ora, senza voler entrare in un approfondimento sul peccato che ci porterebbe lontani (chi lo volesse fare e riterrà che quanto da me scritto sia meritevole della vostra attenzione, potrà trovare nel libro da me redatto “Diario Spirituale” al cap. 2 della Sezione Religiosa un capitolo intitolato IL PECCATO e interamente dedicato ad esso), vorrei, però, riportare una breve riflessione atta a chiarire la differenza tra “peccato” e “colpa”.

Dalla rubrica: “Risponde il teologo” del 3 maggio 2011 del sito toscanaoggi.it Padre Athos Turchi, docente di filosofia così chiarisce, rispondendo alla domanda di una persona in proposito:

Per prima cosa farei chiarezza sulle parole della domanda. Il peccato è un termine analogo cioè si attribuisce a molti atti che in genere violano una qualche norma, ma in senso proprio è un atto che va contro Dio stesso. Infatti il vero e primo peccato, «l’originale», è contro Dio. La colpa similmente si attribuisce a molte cose, ma di per sé è la conseguenza negativa, un demerito, per una responsabilità violata. E, per come è formulata la domanda, si può parlare di «senso del peccato» e «senso di colpa» come unici concetti, e in questo caso si ha un’altra problematica, perché si va a cadere nella coscienza di ogni persona e riguarda la sensibilità e la percezione che l’animo umano ha rispetto a un qualche atto in cui si verifica la colpa o il peccato, che lo trascina nel rimorso“.

CONSIDERAZIONI PERSONALI

Ecco, penso che se iniziamo il nostro pellegrinaggio partendo da questo assunto, da un serio ed onesto, umile, esame di coscienza allora possiamo dire di aver imboccato il sentiero giusto. Differentemente, non partiamo per un cammino di conversione confidando e sperando, appunto, nella Misericordia di Dio, ma andiamo a fare una “gita” e, se si mangia, anche un pic-nic! Non voglio certamente essere dissacratorio, ma nemmeno ipocrita, però concreto sì!

Ricordo, quando frequentavo le scuole medie superiori, studiando la Storia del periodo medioevale, mi rimase impressa una frase, circa lo “scandalo delle indulgenze”, attribuita ad un religioso tedesco dell’Ordine dei  Frati Predicatori, un certo Johann Tetzel (1465 – 1519) che qui riporto:  “Quando cade il soldin nella cassetta, l’anima vola al cielo benedetta” che fa rima con quella del testo su cui studiavo “Più il soldino va giù, più l’anima sale su”, concetto analogo sulla dibattuta questione morale delle “INDULGENZE” nella realtà della Chiesa nell’epoca medievale.

È chiaro che il gesto di carità – intesa anche come elemosina (dal lat. tardo elemosyna, dal gr. eleēmosýnē, der. di eleéō ‘ho pietà’ •prima metà sec. XIV) – non deve essere mercificata altrimenti aggiungeremmo ingiustizia ad ingiustizia e cioè che chi è più ricco si salva l’anima con una copiosa offerta e chi è povero… è sfortunato.

Un’ultima breve considerazione: il simbolo, il logo del giubileo, richiama non solo ad una fratellanza umana, senza distinzioni razziali, religiose, culturali, ecc. ma anche ad ancorarci a quella Speranza, virtù teologale, àncora di salvezza nel turbinio delle tempeste umane e delle vicissitudini che dovremo affrontare su questa terra e che senza la quale ogni nostro sforzo risulta “dis-perante”!

CONCLUSIONE

La preghiera del giubileo sia per noi un invito a confidare e a non perdere la Speranza nel Redentore, cioè in Colui che alla fine di questo mondo, sconfitto per sempre il peccato e il suo artefice maligno, ci conceda i beni celesti verso i quali aneliamo e, nel frattempo, riversi su questa terra la Sua gioia e, mai come in questo momento storico, la Sua pace!

Con affetto, vostro Antonio.

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2 risposte

  1. Caro Antonio

    Con qualche piccola correzione lo condividerò con i pellegrini che porterò a Roma il 28 marzo.
    Mi sembra in buona sintesi di molti che cercherò di approfondire nel corso del pellegrinaggio. Buon anno
    Don Michele Aramini

    1. Caro Don Michele, mi fa molto piacere leggere la tua opinione a quanto da me scritto in forma sintetica e che possa essere spunto per un approfondimento con i pellegrini che accompagnerai a Roma. Nell’affidarmi alla tua preghiera per le mie necessità spirituali e nel ricambiare l’augurio di buon anno, ti saluto cordialmente. Con affetto, Antonio.

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