Antonio Palmiero

Ma oggi ha ancora senso parlare di “Buona Novella”?

Ma oggi ha ancora senso parlare di “Buona Novella”

PREMESSA

Siamo nel mese di dicembre e il S. Natale caratterizza questo momento dell’anno: la nascita di Gesù, il Salvatore, come annunciato nei Vangeli. Ma cosa significa la parola “Vangelo”?

Il nome “Vangelo” viene dal greco εὐαγγέλιον, che è formato dalle due parti εὖ, “bene”, e ἀγγέλλω “annunzio”, e ha quindi il senso etimologico di “buon annunzio”, “buona novella”, così come riporta l’enciclopedia italiana della Treccani online.

Credo che così spiegato possa giustificare e dare senso alla domanda presente nel titolo di questo Blog alla quale proverò a formulare una mia risposta, lasciando poi la “penna” e la parola a voi.

Premesso che non sono un teologo e che le riflessioni che riporto in questa pagina vogliono essere semplicemente delle considerazioni di carattere etico-sociale, cioè di ciò che penso in merito a detto argomento e alle relative implicazioni sociali, da persona comune, nemmeno da sociologo…, ma da credente cattolico, desidero comunque riflettere su questi temi di natura religiosa e che hanno in ogni caso il loro impatto anche per chi è laico, qual sono anch’io, non essendo un presbitero.

Detto ciò, provo a rispondere al quesito, secondo il mio punto di vista aperto, come detto, al confronto con chi fosse anche di diversa opinione, soprattutto.

ANALISI

Senza entrare nel merito dell’origine e della storia dei Vangeli, sinottici e non (quello di Giovanni, n.d.a.), bisogna però chiarire sin da subito che quanto in essi contenuto non è “verità storica”, ma “verità di fede”.

Detto in altri termini, il Vangelo (e la Bibbia di cui fa parte nel Nuovo Testamento) non si prefigge di spiegare come si siano svolti determinati fatti documentandoli dettagliatamente – fermo restando documenti storici che attestano comunque l’autenticità della loro esistenza (uno per tutti, i manoscritti trovati nelle grotte di Qumran, nel Mar Morto – circa 900 documenti scoperti tra il 1947 e il 1956) – ma di dare un messaggio di speranza, di fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, cioè aver fiducia nel messaggio di salvezza che permea tutti i Vangeli e nella promessa di una vita oltre la vita terrena, nella risurrezione della carne e in un giudizio finale, di premio o castigo eterni, in funzione dell’aver accolto il Verbo fatto carne e di aver creduto in Lui, aldilà delle nostre fragilità, leggi peccati, dei quali ci siamo pentiti e per i quali chiesto perdono.

Aggiungo: si dice che il Signore parlava “per parabole” cioè quei racconti simbolici narrati da Gesù ai suoi discepoli, a chi lo seguiva. Queste storie rappresentano episodi di vita quotidiana. Infatti il termine “parabola” deriva dal greco “parabolé” e significa “confronto o allegoria”.

In sostanza, quello che desidero sottolineare è che quanto riportato nei Vangeli, non sono né favole, né fiabe. Per amor di semantica, ma anche per non cadere nell’involontario errore di confondere la “Buona novella” con queste ultime, è il caso di precisare che la “favola”, pur assimilandosi maggiormente rispetto alla fiaba, alla parabola stessa – in quanto racconto di un autore che vede per protagonisti gli animali (come in molte parabole) e contenente una morale al fine di insegnare o condannare un comportamento sbagliato – in realtà presenta un atteggiamento che può anche essere considerato moralistico, mentre la parabola vuol dare comunque un messaggio di salvezza pur riprendendo e redarguendo da un comportamento difforme dalla volontà di Dio finalizzata alla salvezza della Sua creatura. Una correzione a fin di bene…

La fiaba, diversamente, trae origine da fonti popolari spesso molto antiche, ma non ha in sé alcuna morale.

Mi fermo qui, perché il rischio di trasformare questo tema in un “trattato” di natura teologico-filosofica è molto alto, ma inappropriato per la finalità che questo articolo si propone. Ciò che mi preme, invece, è di porre in evidenza come l’ascolto della “Buona novella” non vada intesa, anche dai cristiani praticanti – quelli che “vanno in chiesa” – come una bella storiella con il lieto fine, ma un insegnamento che deve scuotere le nostre coscienze, che deve farci modificare quei comportamenti difformi dalla Parola, dal Vangelo, dalla “Buona novella”, appunto!

APPLICAZIONI

All’inizio ponevo una domanda sul senso e sull’attualità del messaggio evangelico nella nostra società e ancor più nella nostra vita personale, anche perché le due cose non sono antitetiche, ma l’una la manifestazione dell’altra.

Cosa intendo dire?

Semplicemente che se la società è un assieme di persone, di famiglie, se queste sono permeate da sentimenti e valori autenticamente cristiani, pur con i limiti creaturali che esistono – non siamo “santi” perché cristiani, ma in quanto cristiani, cioè figli di Cristo, ambiamo alla santità – avremo un consesso civile animato da sentimenti di solidarietà umana, non caratterizzato da istintualità violenta ed omicida!

Il messaggio che oggi permea la nostra società è quello del potere, della supremazia dell’uomo sull’uomo, del denaro non più come mezzo per la sopravvivenza, ma come finalità. Il sesso non come strumento riproduttivo per la perpetuazione della specie, ma come oggetto del desiderio fine a sé stesso, al soddisfacimento del nostro bisogno edonistico.

Ma per ottenere tutto questo di certo non si può pensare di amare l’uomo, quanto piuttosto di usarlo. Una volta si amavano le persone e si usavano le cose. Oggi mi sembra si siano ribaltati i valori motivo per cui la bramosia di possesso si traduce in una strumentalizzazione della persona stessa assimilata a poco più di un oggetto finalizzato all’ottenimento e al soddisfacimento dei propri bisogni e dei propri interessi.

Che tristezza… E questo sarebbe il modello che si vuol propugnare all’essere umano? Ovviamente contro il modello cristiano che predica amore, pur con tutte le imperfezioni e/o le contraddizioni che dir si voglia, ma con l’intenzione di diffondere la reciproca fratellanza.

Poi potrà non riuscire ad essere coerente con i propri propositi, ma almeno nelle intenzioni c’è il desiderio di trasmettere valori esistenziali degni di essere vissuti.

Ma quando si parla ai giovani, e meno giovani, della Parola di Dio, nella migliore delle ipotesi, un sorriso ironico affiora sul loro volto quando non si trasforma in beffardo se non in esplicita avversione/violenza verbale (in alcuni ambienti o con persone “esaltate”, “fondamentaliste” di altre religioni, si può arrivare alla violenza fisica!).

Cristiani anacronistici o contemporanei “obsoleti”?

Guardiamo anche nei costumi verso quale deriva di degrado stiamo andando nel rispetto del “politically correct”, così definito dalla Treccani online. “L’espressione angloamericana politically correct (in ital. politicamente corretto) designa un orientamento ideologico e culturale di estremo rispetto verso tutti, nel quale cioè si evita ogni potenziale offesa verso determinate categorie di persone. Secondo tale orientamento, le opinioni che si esprimono devono apparire esenti, nella forma linguistica e nella sostanza, da pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativi a disabilità fisiche o psichiche della persona.” eccetto che per la fede cristiano-cattolica che si può offendere liberamente, bestemmiando e dissacrandola in ogni sua forma e manifestazione, nella massima impunibilità giuridica. A tal proposito vi invito a leggere il mio blog “La Bestemmia”, in particolare nella sezione “Bestemmiare è un reato?”: rimarrete sorpresi, a testimonianza che quello che ho appena affermato non è campato per aria…

Se si dovesse parlare con qualche adolescente, maschio o femmina che sia, chiedendo una loro opinione sull’espressione “amarsi l’un l’altro”, molto probabilmente il primo pensiero andrebbe a qualche scena erotica e/o pornografica, non certo al messaggio evangelico: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.” (Gv 15, 12), posto di conoscere questo brano riportato nel Vangelo di Giovanni.

CONCLUSIONE

A quale riflessione conclusiva si può giungere circa il quesito iniziale? Vorrei “spritzzare” di ottimismo tale da dissetare il lettore per il suo desiderio di conoscenza biblica, ma mi ritrovo a corto di “spritz” (l’amato e famoso long drink a base di Aperol, prosecco e soda, ideale come aperitivo) molto più gradito e inebriante della Parola evangelica.

Polemico? No, solo tristemente disarmato di fronte a tanta indifferenza per la “Buona Novella” che di buono non ha il sapore evanescente del citato aperitivo, ma la fragranza che ristora e disseta l’animo e il cuore di chi ne conosce la bellezza e la sapidità.

Già, ma per poterla apprezzare, bisogna conoscerla questa benedetta e benedicente Parola… Differentemente, come si può apprezzare ciò che non si conosce? Quindi la sua attualità è decaduta? Non so, ma un dato che mi ha sempre sorpreso – felicemente –  in questa Europa, sempre più scristianizzata (poi non lamentiamoci se verremo islamizzati…) e in questo mondo dichiaratamente ateo e/o indifferente/agnostico, è che il libro più venduto di tutti i tempi – secondo il Guinness World Records del 1995 – sia la Bibbia con un volume di vendite di circa 5-7 miliardi di copie (per la cronaca, gli altri testi di natura religiosa quali il Corano e il libro di Mormon vendono, sempre secondo questa statistica, rispettivamente circa 800 e 190 milioni di copie)!

Se consideriamo il numero di cattolici nel mondo (*) allora significa che la Bibbia è letta anche da chi cattolico non è e, se tanto mi da tanto, numericamente parlando, quasi ogni essere umano dovrebbe averne almeno una copia in suo possesso…

Mah… come è possibile? Eppure la “Buona Novella” sembrerebbe non interessare più nessuno e poi scopriamo questi numeri? Ecco un’altra contraddizione del nostro mondo… Forse ci sono più credenti, magari poco praticanti – altra contraddizione in termini – di quello che pensiamo e che speriamo possano manifestare la loro fede coprendo con le opere – e non solo a parole – il messaggio di Amore e di pace che sgorga da quelle pagine sacre, in antitesi a quella cultura o sub-cultura che più rumorosamente e con maggior violenza la vorrebbe sopprimere, dissacrandola con ogni mezzo ma, come Qualcuno disse: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.” (Lc 24,35).

E vorrei concludere, circa l’ascolto della Parola e il Suo farne tesoro per l’attualità del suo insegnamento, con questo brano evangelico dell’evangelista Luca:

5 «Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. 6 Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. 7 Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. 8 Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!». 9 I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. 10 Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché vedendo non vedano e udendo non intendano. 11 Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. 12 I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. 13 Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. 14 Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. 15 Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza. (Lc 8,5-15).

Dunque: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!»…

Con affetto, vostro Antonio.

(*) Nota: Da un articolo di Vatican News del 20 ottobre 2023, 14:00

Aumentano i cattolici, in particolare in Africa

Su una popolazione mondiale di 7.785.769.000 persone, i cattolici sono pari a 1.375.852.000 persone, con un aumento complessivo di 16.240.000 cattolici rispetto all’anno precedente. L’aumento interessa tutti i continenti, tranne l’Europa. Come nel passato è più marcato in Africa (+8.312.000) e in America (+6.629.000), seguono Asia e Oceania.

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