Antonio Palmiero

VALORI CRISTIANI O VALORI LAICI ALLA GUIDA DI UNA SOCIETA’ ?

VALORI CRISTIANI O VALORI LAICI ALLA GUIDA DI UNA SOCIETÀ_AntonioPalmiero

PREMESSA

La domanda vuole evidenziare una questione non squisitamente posta in termini antitetici, quanto piuttosto la possibilità di una coesistenza di entrambi i valori nella vita e nello sviluppo civile di una società.

ANALISI E RIFLESSIONI

Molto spesso, quando si parla di religione, di fede, di valori cristiani, subito c’è una levata di scudi come se si parlasse o ci si trovasse davanti il diavolo: “Vade retro Satana!”. Sembra, cioè, che ogni cosa che abbia l’odore, anche solo lontanamente, dell’incenso sia da ripudiare a piè sospinto preferendo l’odore dello… zolfo.

Bene, cioè male.

Credo occorra innanzitutto deporre le armi della contesa ideologica, del “buono” da una parte e del “cattivo” dall’altra riferendomi ovviamente ai valori, non certo al dubbio di chi sia buono o cattivo tra Dio e il Suo antagonista…

Perché? Perché in entrambi gli “schieramenti” o le posizioni ci sono valenze potenzialmente positive e/o negative a seconda di come le leggiamo ed interpretiamo, quando non vengano strumentalizzate a mo’ di talk show, spettacoli indecorosi a cui assistiamo oggi sui vari canali televisivi dove ognuno sostiene la propria tesi a danno dell’altro, ergendosi a paladini della verità, sia in ambito politico che morale, sociale, ecc.

A tal proposito, consentitemi una deroga.

Ho avuto occasione, e più di una volta, di essere presente, come pubblico, a detti programmi di confronto politico dove i partecipanti, dell’uno o dell’altro partito, presenti in studio, si “scannavano” stracciandosi le vesti, in uno spettacolo a dir poco scandaloso, su questo o quel tema di politica e/o di natura sociale. Aggressioni verbali dall’una e dall’altra delle parti in gioco sin quasi al punto di temere una vera aggressione fisica dell’un contendente contro l’altro. Morale? Arrivare al termine della disfida, per vedere uscire dagli studi, assieme, sottobraccio, i due “avversari”…

Ora che questo sia auspicabile, cioè che non si arrivi alle mani e che al termine della discussione, per quanto accesa, ci si ritrovi a congedarsi civilmente, ci sta, ma chi da casa assiste a queste sceneggiate di certo non ne trae vantaggio e il messaggio che riceve è forviante rispetto ad una realtà che vive quotidianamente, spesso ben diversa da quella rappresentata in TV dove i protagonisti recitano la loro parte per, è il caso di dirlo, “partito preso”.

Perché tanta animosità in queste discussioni?

Traggo dal foglietto della S. Messa “LA DOMENICA” del 24 novembre 2024 quanto segue: Scriveva Leone XIII nell’enciclica Tametsi futura: «Anche nel convivere umano e nella civile società deve imperare la legge di Cristo, così che non solo nella vita privata, ma anche in quella pubblica essa sia guida e maestra». Egli spiegava che rifiutare l’impero di Cristo nell’illusione di essere più indipendenti, espone al rischio di cadere nelle mani di un potere umano. La dottrina fu sostenuta dai successivi pontefici, da Pio X a Pio XI, il quale istituì la festa di Cristo Re con l’enciclica Quas primas (1925). Egli paventava il rischio di un disordine sociale causato dalla laicizzazione dello stato. «Allontanato, infatti, […] Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l’autorità appare senz’altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v’è ragione per cui uno debba comandare e l’altro obbedire»”.

Estraggo dal testo riportato l’ultima frase: “non v’è ragione per cui uno debba comandare e l’altro obbedire”. Credo cheil nocciolo della questione sia qui: chi comanda chi e chi deve ubbidire a chi. Scusate il gioco di parole, ma gira e volta la questione torna sempre a galla: il potere, il comandare che alla luce dell’indole umana porta inevitabilmente alla sopraffazione, a conflitti e guerre fratricide. Russia – Ucraina e il conflitto israelo-palestinese sono gli ultimi esempi concreti in ordine di tempo e più noti, frutto del volere di supremazia dell’uomo sull’uomo.

“Homo homini lupus” non vi dice nulla?

Letteralmente sappiamo che questa espressione latina significa «l’uomo è un lupo per l’uomo». Per comprendere meglio il concetto, riporto testualmente da Wikipedia quanto segue:

“Nello stato di natura, cioè uno stato in cui non esista alcuna legge, ciascun individuo, mosso dal suo più intimo istinto, cercherebbe quindi di danneggiare gli altri e di eliminare chiunque sia di ostacolo al soddisfacimento dei propri desideri. Ognuno vedrebbe nel prossimo un nemico. Da ciò deriva che un tale stato si trovi in una perenne conflittualità interna, in un continuo bellum omnium contra omnes  (letteralmente “guerra di tutti contro tutti“), nel quale non esiste il torto o la ragione che solo la legge può distinguere, ma unicamente il diritto di ciascuno su ogni cosa, anche sulla vita altrui”. 

Vi sembra, quindi, che in uno Stato laico governato da leggi umane che nella propria indole sono mosse da questi desideri istintuali potrebbero queste garantire serenità e prosperità alla propria popolazione?

Qui saremmo in piena anarchia che, etimologicamente, dal greco anarkhía significa “assenza di governo”.

Non sto parlando di un governo democratico o totalitario, di destra o di sinistra, ma dell’indole dell’uomo che se non educato al vivere comune nel rispetto dell’altro porterebbe alle conseguenze più nefaste. Ma se il principio laico del diritto universalmente riconosciuto e cioè che “Il mio diritto/libertà termina laddove inizia il tuo/tua”, non viene rispettato quanto piuttosto quotidianamente disatteso, allora poi non dobbiamo lamentarci nel riscontrare i disastri sociali di cui le guerre sono l’apice più eclatante e visibile.

Ma perché dovrei rispettare l’altro se posso sopraffarlo e acquisire potere e ricchezza? Chi me lo dovrebbe impedire? Uno più forte di me? E allora ricadiamo in quella realtà di belligeranza del “bellum omnium contra omnese  cioè della “guerra di tutti contro tutti” o, detta in altro modo, della “legge del più forte” o “legge della jungla”.

Capite bene che se non ci sono dei valori morali che inducano ad una formazione delle coscienze circa il rispetto dell’altro in quanto uomo, essere a me simile e sul quale non ho alcun diritto di prevalenza e prevaricazione, non c’è motivo per cui attenermi ad un comportamento che non sia l’istinto animalesco.

E mi sembra che il degrado dei costumi a cui stiamo assistendo, a volte impotenti, a volte basiti, sia in termini di violenza – spesso gratuita e immotivata da parte di una gioventù alla quale non sono stati trasmessi quei valori di umano rispetto del proprio simile e del consesso civile – sia proprio in termini morali, etici, stia portando ad una deriva da allarme sociale.

Esagerato? Mah, se guardiamo ai fatti di cronaca che giornalmente ci pervengono attraverso gli schermi dei nostri televisori, dalle manifestazioni vandaliche (e non mi si parli di “democrazia”! Quella è violenza distruttiva allo stato puro!) ai crimini anche da parte di adolescenti che hanno perso, se mai l’hanno avuto, il senso della misura.

Non c’è più proporzione tra offesa e reazione difensiva o, ancor peggio, azioni di efferata aggressività per futili motivi. Mi calpesti un piede inavvertitamente? Ti sparo! Mi urti una spalla? Ti rompo la testa! Non mi fai giocare col pallone? Ti accoltello (da parte di un bambino di 10 anni verso un coetaneo di 13!!!).

Ma procediamo.

Nell’articolo riportato in precedenza si dice: «Allontanato, infatti, […] Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l’autorità appare senz’altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v’è ragione per cui uno debba comandare e l’altro obbedire» dove la parte che ho evidenziato in grassetto giustifica ogni umana azione e reazione.

In Matteo 22,34-40 si legge:

Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”.Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.  Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Credo che questo, chiamato il “Comandamento dell’amore” – e che racchiude tutti e dieci i Comandamenti – esprima nella sua sintesi un codice morale di comportamento che si ispira alla solidarietà umana che trova anche nelle opere di misericordia spirituali e corporali un modus operandi volto al reciproco aiuto e mutuo soccorso e non certo nel manifestare e perpetrare violenza e odio tra i popoli e le nazioni.

CONCLUSIONE

In una società civile, dunque, i valori cristiani e laici non sono in antitesi tra loro ma possono coesistere e convivere sinergicamente garantendo uno sviluppo sociale in tutti i sensi per la edificazione dell’uomo, non per la sua schiavizzazione e il disprezzo della sua dignità.

Termino con quanto riportato a conclusione dell’articolo citato, pubblicato sempre sul foglietto della S. Messa “LA DOMENICA”, con questa considerazione:

“A circa 50 anni di distanza, la realtà dell’Occidente post-cristiano è, piuttosto, la dissoluzione di ogni principio morale, estrema conseguenza del liberalismo. Se al giorno d’oggi sembra anacronistico parlare di uno stato confessionale, occorre però ammettere che si vanno realizzando i rischi prospettati dai pontefici dello scorso secolo. Un impegno, almeno personale, di tutti i fedeli nel promuovere gli autentici valori cristiani, è necessario perché sia garantita una vera libertà, rispettosa della dignità umana, dei più deboli, delle minoranze e della vita in ogni sua stagione”. p. Giorgio Maria Faré, OCD

Che ne pensate? Personalmente credo di aver espresso chiaramente la mia posizione in merito al quesito proposto. Ora sarei curioso di conoscere la vostra opinione in merito. Liberamente.

Con affetto, vostro Antonio.

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