Oggi mi voglio soffermare su bestemmia e blasfemia. Dato che di turpiloquio e parolaccia abbiamo già parlato in un articolo precedente.
Che differenza c’è, o meglio, cosa si può scrivere su quest’altro termine, la “bestemmia”, rispetto a quello della “parolaccia”?
Definire la bestemmia
Da Wikipedia, la “bestemmia” viene definita come una: <<Espressione ingiuriosa o imprecazione contro Dio e i Santi e le cose sacre. La bestemmia è un’ingiuria o un epiteto offensivo riferito a Dio e ai Santi e che appartiene alla sfera del turpiloquio. La bestemmia è presentata quale caratteristica specifica dei pagani e dei cristiani apostati>>.
Innanzitutto, decodificando la definizione di Wikipedia, direi subito che la bestemmia è una “parolaccia” unita al nome di Dio, della Madonna e/o dei Santi: già questo penso potrebbe essere sufficiente a farne la diversità tra le due terminologie perché, sebbene la “parolaccia” non sia da approvare, la bestemmia è semplicemente da condannare!
Attenzione: la “bestemmia”, non il “bestemmiatore”…
Semantica o filosofica demagogia teologica?
Né l’una, né l’altra, ma coerenza con i principi della fede cattolica e con la misericordia di Dio Padre. Se quest’ultimo dovesse condannare ogni uomo che pronunziasse una bestemmia, credo che, ancora una volta, il “titolare” dell’Inferno dovrebbe affiggere un cartello all’ingresso con “Tutto esaurito”!
Perché la bestemmia è così diffusa?
Ma perché, mi chiederete, è così diffusa questa abitudine?
Mah, provate, in Italia, a pensare a quali regioni, forse vittime di un luogo comune, sono considerate tra quelle che utilizzano questa espressione nel loro, addirittura, intercalare: la Toscana, il Veneto e il Friuli (non me ne vogliano i relativi abitanti, nulla di personale: un mio nonno era Veneto…), perché in me non vuol esserci spirito discriminatorio e men che meno spirito di offesa o condanna, né di voler fare una graduatoria, ma tant’è – come letto su Internet – e che nessuno si scandalizzi se ciò è emerso da un sondaggio in proposito:
“L’epicentro dei porchi e madonne si colloca in Friuli, Toscana e Veneto. Abbiamo chiesto a un campione di 476 persone (79% maschi) equamente distribuite tra queste tre regioni di spiegarci la bestemmia dal loro punto di vista.”
Ora non entrerò nel merito delle spiegazioni addotte nel sondaggio ma prendo spunto per far riflettere su alcuni considerazioni.
Sembrerebbe che chi bestemmia dovrebbe avere un livello culturale mediamente basso: falso. Purtroppo anche tra colti, blasonati e importanti soggetti televisivi che il mondo ascolta (tra questi, la bestemmia è sfuggita anche a qualche presentatore od ospite in TV…) è abbastanza diffusa questa pessima abitudine, riprovevole almeno per chi in quelle figure sacre crede.
Non voglio fare la “guerra santa”, – come è noto, nei paesi in cui è in vigore la sharia e in altri paesi (come ad esempio il Pakistan), la blasfemia è un reato punibile con la pena di morte – ma nemmeno legalizzarla come forma culturalmente accettabile.
Bestemmiare è un reato?
Dal punto di vista legislativo, tratto sempre da Wikipedia, nella nostra Italia, questa è la situazione ad oggi:
<<Dal 1999 la bestemmia non ricade più tra i reati: è considerata un illecito amministrativo, essendo stata depenalizzata con la legge 25 giugno 1999, n. 205. La versione attuale (vigente al 2019) dell’articolo 724 c.p. (“Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti”) è la seguente:
«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità [o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato]*, è punito con la sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309. La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti»
[*] parte dichiarata costituzionalmente illegittima.
Un’altra fronte di critica all’attuale quadro legislativo sulla bestemmia, completamente diverso dal precedente, deriva dal pensiero laico e umanista. Secondo alcuni (ad esempio la UAAR [1]), il reato di bestemmia è giudicato anacronistico e legato a una volontà del legislatore di garantire una posizione di privilegio alle organizzazioni religiose, compromettendo inoltre la libertà di pensiero e di critica garantita dalla Costituzione italiana:
[1] “UAAR” è l’acronimo di “Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti” ed “è un’associazione filosofica non confessionale italiana di promozione sociale, nata informalmente il 19 ottobre 1987 ma costituitasi legalmente il 18 marzo 1991, che al 2018 dichiara 3.416 associati”, come riporta Wikipedia).
«I recenti interventi della Corte Costituzionale, del Parlamento e del Governo non hanno risolto l’assurdità di una tutela legale della bestemmia. Oltre a essere diventata, in alcuni casi, quasi un intercalare, va riaffermato con forza che la bestemmia, al giorno d’oggi, non rappresenta altro che la tutela giuridica di “persone” la cui esistenza è indimostrabile. Nel 2014, persino dall’Onu sono emerse richieste di abrogare ogni legislazione anti-blasfemia».
A questo proposito, in una sentenza della Corte di cassazione del 27 marzo 1992, sull’articolo 724 si stabilisce che:
«… assurdo e fuori di luogo è il voler ricondurre la bestemmia alla manifestazione del pensiero e alla libertà costituzionalmente garantita di tale manifestazione (sia sotto il profilo dell’art. 21 che dell’art. 19 che, del primo, costituisce specifica enunciazione). Ciò che, invero, vien sanzionato, con la norma in questione, è il fatto di bestemmiare con invettive e parole oltraggiose: non la manifestazione di un pensiero, ma, una manifestazione pubblica di volgarità. Ed è pur superfluo il rilievo che, comunque, il diritto di libera manifestazione del pensiero trova il suo limite proprio nel divieto delle manifestazioni contrarie al buon costume (art. 21, ultimo comma, Cost.): le manifestazioni, cioè, perseguite, appunto, in concreto, dalle norme sulla polizia dei costumi. »
Ora, mi domando: la questione è, quindi, solo un fatto di “buon costume”, di difesa della libertà di pensiero ed opinione o il rispetto (per chi è credente) dei valori spirituali e sacri in cui crede l’uomo?
Ricordo che nei paesi in cui vige la sharia, una presunta blasfemia (basta anche una semplice accusa con testimoni d’occasione, o determinate procedure, per accusare) è in grado di mettere in serio pericolo la vita del presunto bestemmiatore; in Italia si può, invece, bestemmiare serenamente perché “…Oltre a essere diventata, in alcuni casi, quasi un intercalare…” – quindi giustificato – “la bestemmia, al giorno d’oggi, non rappresenta altro che la tutela giuridica di “persone” la cui esistenza è indimostrabile” cioè di Dio, la Madonna e i Santi…!
Povera Italia “ex-cattolica”…
Col beneplacito rispetto di chi non crede (e nessuno ha mai bestemmiato in senso contrario, cioè ponendo una parolaccia vicino a un “non-dio”, a una “non-madonna” o a un “non-santo”…) sento forte il dovere di affermare che almeno altrettanto rispetto sia dovuto a chi, in quelle “persone indimostrabili” (se lo fossero materialmente non si parlerebbe più di “fede”, o sbaglio?) crede!
Tra le altre, queste persone che si dichiarano atee, agnostiche e che comunque non credono in Dio, la Madonna e i Santi, perché li bestemmiano? Offendono qualcosa che per loro non esiste?
È come se esclamassero: “Porco il nulla!”. Che senso avrebbe?
Se invece la bestemmia viene utilizzata per ferire la sensibilità e la convinzione religiosa dell’altro, allora risulta ulteriormente sgradevole anche e solo sotto il profilo sociale, di educazione. Permettetemi di fare una “battuta”, forse un po’ caustica…
Mi riferisco a coloro i quali hanno usato l’espressione “persone” la cui esistenza è indimostrabile” con riferimento al sacro. Pensate che sgradita sorpresa potrebbero trovarsi di fronte quando quelle “persone indimostrabili” si presenteranno nella loro Gloria, Potenza e… Giudizio: un piccolo brivido me lo lascerei scorrere lungo la schiena, prima che sia troppo tardi.
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Un racconto sulla bestemmia
Meditate gente, meditate e, per prudenza, non bestemmiate! Io ve l’ho suggerito per il bene dell’anima vostra, poi “fate vobis” (in latino maccheronico) o, se preferite, in latino corretto, “facite vobis”: tanto il concetto non cambia! Fate di testa vostra, poi ognuno si assume le proprie responsabilità…
Ricordo ancora come, da ragazzino (per cui mi rimase particolarmente impresso) ero sul bus che mi portava in centro città, con mio papà, e ad una fermata del mezzo pubblico, un signore (lombardo, per par-condicio con le regioni su menzionate), dovendo scendere ed essendo impedito nel farlo da un’altra persona molto più anziana, incominciò ad imprecare di muoversi accompagnando le esortazioni ad un “rosario” di bestemmie.
Un giovane adulto, lì presente, intervenne invitando quel signore a moderare i termini. Fu come dirgli di bestemmiare di più e più forte. Dopo ripetuti inviti a desistere da quel turpiloquio (nel frattempo l’autista aveva fermato il bus con le porte aperte), il giovane non riuscendo ad aver ragione di quel bestemmiatore, gli disse: “Ho provato tante volte a tappare la bocca ad un somaro, ma non ci sono mai riuscito!”.
Beh, tra le risate di tutti i passeggeri presenti e relativi applausi per il giovanotto, con una bestemmia smorzata tra i denti, quel signore guadagnò l’uscita, scese gli scalini e fu inondato da un corale “Cafone!”.
Mi rimase impresso questo episodio e penso come, in circa cinquant’anni, siamo cambiati, scristianizzati e come, oggi, probabilmente, un’analoga situazione passerebbe in modo del tutto indifferente, con buona pace di chi sta “lassù”…
Come per la “parolaccia” così, e a maggior ragione, la “bestemmia” non sta bene in bocca a nessuno, né giovane, né più adulto, né anziano e, credo, femministe permettendo, ancor meno ad una donna… Spero di non essere tacciato di maschilismo… Pensiamo per un attimo ai motivi che inducono a questo modo di esprimere il proprio disappunto o sfogare una arrabbiatura…
La bestemmia, una cattiva abitudine
Molti anziani, che purtroppo non danno esempio di saggezza, si esprimono in quel modo ormai per abitudine, nemmeno più rendendosi conto di ciò che dicono.
Ricordo un sacerdote che, in confessionale, parlando dei vari peccati mortali, mi diceva che la “bestemmia” è un gravissimo peccato mortale perché si offende, quando espressa consapevolmente e deliberatamente, Dio, la Madonna, i Santi e tutto ciò che è sacro.
Pensiamo al 2° comandamento: “Non nominare il nome di Dio invano”; qui non solo lo nominiamo – per es.: <<Dio mio; Gesù, Gesù; la Madonna…>> – ma pure lo offendiamo! Tra l’altro mi “confessò” – lui a me – proprio di suo padre, un anziano signore sulla novantina, lucidissimo di mente, che una parola sì e una… pure, “smoccolava”: era diventato per lui un intercalare abitudinario, brutto, ma involontario. Tant’è che un giorno – proseguì il sacerdote – lo redarguii dicendogli di smettere quel “turpiloquio”, seppur “automatico”, e il genitore rivolgendosi al figlio prete, gli rispose: “Ma perché mi rimproveri? Io non bestemmio mica!”.
Addirittura non si accorgeva nemmeno più del suo bestemmiare! Quindi “incolpevole” di fronte a Dio, ma sconveniente di fronte al figlio… sacerdote e alla gente. Poi non sta a noi giudicare la persona, ma quell’abitudine perpetrata negli anni era diventata ormai insanabile e incorreggibile.
La bestemmia nei giovani
E i giovani? Spesso bestemmiano senza nemmeno rendersi conto della gravità morale oltre che riprovevole, almeno sotto il profilo del buon gusto.
Pensate in bocca ad un/una adolescente quale effetto devastante della sua immagine avrebbe e quale biasimo collettivo (almeno della gente “normale”…) troverebbe.
La motivazione è probabilmente da ricercarsi in una forma di “emancipazione”, un po’ come la “parolaccia” come segno di “contestazione”, di “protesta”; altre volte come segno di emulazione degli adulti che col loro cattivo esempio e la loro maleducazione trasmettono questi cattivi valori: la bestemmia come “scorciatoia” in una discussione quando si è a corto di argomentazioni.
È un po’ come alzare la voce o, peggio, le mani per aver ragione quando si è… in torto! È una forma di violenza verbale che normalmente ottiene il risultato di far calare il “gelo” nell’ambiente dove viene pronunciata, vuoi per imbarazzo, vuoi per la valutazione dei presenti circa il livello culturale del giovane, della sua maturità, ecc. Quel “moccolo” interrompe ogni linea di comunicazione civile e può preludere ad uno scontro fisico come “estrema ratio”.
Vedete come quella “inoffensiva” espressione può far degenerare in conseguenze imprevedibili? Osservate, quindi, quale impatto può avere anche nella società civile, tra le persone, con un degrado in cui facilmente si scivola ma che dal quale difficilmente e con fatica si risale, per recuperare le precedenti posizioni. La caduta del rispetto per l’altro o l’altrui opinione e/o convinzione non solo religiosa ma anche laica, spesso degenera anche a livello di rapporti interpersonali e, allargandosi, a livello del consesso umano.
È assai squallido sentire ragazzini e il gentil sesso riempirsi la bocca di queste volgarità, e questo scadere dimostra ancora una volta la mancanza di valori morali, di sani principi, di regole civili e che l’uso improprio anche delle “semplici parolacce” non è senza conseguenze.
Rivolte, ad esempio, ad un Pubblico Ufficiale nello svolgimento di un atto d’ufficio (per es. il Vigile Urbano che sta elevando una contravvenzione), comporta delle conseguenze anche a livello penale, così come recita l’articolo 341 bis del c.p.:
“L’oltraggio a Pubblico Ufficiale è il reato previsto dalla legge 94/2009 che ha introdotto il nuovo articolo 341bis del Codice Penale. Nel dettaglio, si definisce oltraggio la condotta di una persona che offende l’onore e il prestigio di un Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.”
Ora, non voglio fare il tuttologo, ma credo che un po’ di educazione civica nelle scuole aiuterebbe quantomeno a conoscere meglio le regole che governano una società definita civile e incontro a quali misure restrittive della propria libertà personale e/o a quali sanzioni amministrative (economiche) si può incorrere trasgredendole.
La bestemmia, traiamo le conclusioni
Penso di aver toccato diversi aspetti di questo tema, lasciando, come sempre, la possibilità di un approfondimento al lettore ma soprattutto l’auspicio di una più attenta riflessione sulla importanza dell’uso corretto della parola, del rispetto del proprio simile e delle regole che ci garantiscono uno sviluppo sociale e un progresso reale.
Al tempo stesso, spero di non aver urtato la suscettibilità di chi la pensa in modo differente e, anzi, se ne fa vanto: ognuno sia libero di pensarla come crede ma, pubblicamente, chiedo anche che si rispetti il “comune senso del pudore”, cioè di avere la sensibilità di non urtare la suscettibilità anche di chi la pensa in modo diametralmente opposto.
Tradotto: il male fa molto più rumore del silenzioso bene, ma non per questo è presente in misura maggiore. La differenza sta nel fatto che viene mostrato e fatto percepire più grande di quello che è mentre, il bene e la solidarietà umana esistente (pensate solo ai missionari cristiani che danno la propria vita per aiutare i poveri nel terzo mondo e non solo), solo sporadicamente viene trasmesso dai mass media e fatto conoscere al mondo intero!
Si ha quindi la sensazione che chi alza di più la voce, a fronte del silenzio generale, sia quello che abbia ragione.
E una minoranza arrogante diventa leader in un contesto silente e indifferente.
Allora una colpa, una responsabilità ce l’hanno anche i “buoni” nell’immobilismo e nella non reattività, giusta, misurata, ma concreta che non manifestano: si lamentano mormorano ma non reagiscono!
Diceva Giovanni Falcone:
“Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.”
E con queste sagge parole concludo la mia riflessione sul tema sin qui analizzato rammentandovi che, se anche nell’educazione dei nostri figli vogliamo avere un risultato positivo, dobbiamo impegnarci, sacrificarci, spenderci per loro, ma alla fine saremo felici di non doverli annoverare tra i tanti, troppi, insipidi e insipienti bestemmiatori.
Con affetto, Antonio