INTRODUZIONE
La riflessione che vorrei suggerirvi in questo articolo, prende spunto e corpo dal Cap. 3 del mio libro – “DIARIO SPIRITUALE – Non di un eremita, di un mistico o di un Santo, ma di un uomo come te…” – qui la copertina e il link per chi fosse interessato ad una eventuale lettura:
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Perché? Iniziamo bene e, coerentemente al titolo, poniamo subito una domanda: ma se noi poniamo dei quesiti al Padre eterno e Lui non ci risponde, perché dovremmo porgerglieli? Forse per il semplice motivo che, comunque, indipendentemente dalle Sue risposte, ce li poniamo ugualmente…
Quello che segue può essere letto come un dialogo del cuore rivolto al Padre, consapevoli dei nostri limiti creaturali e dei tanti dubbi che sorgono nella nostra mente razionale, ma ai quali, razionalmente, non riusciamo a dare una risposta. Magari, al termine della lettura, potreste essere voi i protagonisti delle risposte ai diversi quesiti che verranno qui sollevati. A dopo.
RIFLESSIONE
Ascoltavo una interessante trasmissione radiofonica sul tema degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Lojola relativamente al peccato… Inutile dire quante considerazioni dotte venivano evidenziate ed esternate, con una oggettiva onestà, dai due presbiteri presenti in radio, argomentazioni espresse senza porgere il fianco a quella retorica che in questi ambiti è più dannosa del… peccato stesso!
La riflessione racchiudeva in sé, credo, tutto quello che si può commettere con il nostro libero arbitrio in “pensieri, parole, opere e omissioni”, appunto. Credo che l’essere umano, a partire dal peccato originale-originante compiuto dai nostri progenitori, non abbia mai smesso di peccare, da allora ad oggi e, anche con la venuta di Gesù sulla terra, con la Sua morte e resurrezione, mi sembra di poter dire, senza tema di smentita, che le cose non sembrano migliorate, anzi…
Non vorrei essere tacciato di blasfemia o, quantomeno, di mancanza di rispetto verso il Signore, ma penso si comprenda bene la mia provocazione per porre di fronte al cristiano di oggi (ma vale anche per quello di ieri e di domani…) il senso della morte di Cristo sulla croce per redimerci dal peccato originale e dai suoi effetti deleteri, sia materialmente parlando (l’orgoglio e i suoi derivati…) che spiritualmente intesi (la salvezza dell’anima o la sua perdizione…).
INTERROGHIAMOCI
Mi domando: perché Cristo/Dio ha deciso di procedere con quella modalità per salvarci? Non poteva decidere, molto meno sofferentemente, di salvarci con un atto della Sua Onnipotenza, con un gesto della Sua mano, con uno sguardo incenerente il frutto del peccato, cioè il male? Perché ha deciso di assumere la nostra natura creaturale, Lui, il Creatore? Perché ha voluto patire (“Uomo dei dolori che ben conosce il patire” Isaia 53,3), incarnandosi in Maria, sottoponendosi alla passione, alle torture, alle sofferenze morali (“Lo schernivano, gli sputavano addosso…” Mc 15,19) e fisiche (“Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.” Mt 27,26)?
Perché? Già…
La risposta unica ed esaustiva, anche se difficilmente comprensibile per noi uomini, è una sola: “PER AMORE”! E con questo potremmo porre fine ai mille perché di cui siamo riccamente armati… Il Signore ha sofferto sino alla morte e alla morte di croce perché ci ha amato e se avesse potuto soffrire di più, l’avrebbe fatto!
E per ognuno di noi, singolarmente!
Proviamo a porci di fronte al Crocifisso, in ginocchio, e a fissare il volto di Cristo, il Suo corpo martoriato dalla violenza omicida dell’uomo: cosa ci scorgiamo? La mitezza dell’agnello che si è lasciato condurre sul calvario senza emettere un gemito, senza opporre alcuna resistenza, senza sottrarsi ad alcuna offesa, insulto…
Ma perché? La nostra “rabbia” ci urla contro questa domanda e magari ci sentiremmo di aggiungere che se fossimo stati là, noi, avremmo fatto chissà cosa per salvarlo da quella fine “ingloriosa”…!
Come Pietro… che lo ha rinnegato tre volte e, prima, gli disse che avrebbe dato la vita per Lui… (vedi Mt 24, 33-34)
Noi sentiamo dentro il profondo senso di giustizia violata, quella ingiustizia perpetrata ai danni di quell’uomo-Dio e al tempo stesso ci sentiamo quasi nel desiderio di “sgridare” Gesù perché non si è ribellato a quel sopruso di cui era oggetto, così come lo rimproverò Pietro… Noi che abbiamo sempre la mania di voler insegnare a Dio a fare… Dio!
Ma perché, invece, inginocchiati, nel nostro cuore non pieghiamo la nostra presunzione (ecco la vera “genuflessione”, non solo quella fisica del ginocchio flesso…) e ci poniamo di fronte al Datore della vita e gli chiediamo perdono per la nostra incapacità a comprendere il Suo atto di amore per noi?
Immaginiamoci per un attimo in una situazione tale per cui, come genitori, vediamo nostro figlio in una situazione di pericolo e, per poterlo salvare non ci rimane altro che dover subire insulti, offese e bastonate… Cosa faremmo, visto che magari nostro figlio ha un coltello alla gola pronto ad essere premuto contro di lui al nostro primo accenno di reazione? Credo che subiremmo sino alla morte pur di salvargli la vita, per amore verso di lui, la nostra creatura!
E questo ha fatto il Padre eterno di fronte al nemico (Satana) che teneva il suo coltello (il peccato) puntato alla gola dell’umanità, quel coltello che oggi come non mai ha sfoderato (vedi la lotta del mondo islamista fondamentalista ed integralista contro i cristiani…) e che cerca di fare più vittime possibili (la morte della nostra anima, il rinnegamento di Dio, il peccato mortale…)!
Quante volte ci siamo posti di fronte a Lui aprendogli il nostro cuore (Lui, il suo, non solo l’ha aperto in senso metaforico, ma è stato squarciato per noi anche in senso fisico “…ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” Gv 19,34) per dirgli, con sincera umiltà, sin disarmante: “Signore io ti amo, ma non ce la faccio a non peccare!” e, come S. Paolo, affermare che desideriamo fare il bene senza riuscirci e compiamo il male che non vorremmo! (vedi la lettera di S. Paolo ai Romani – Rm 7,14-25)
Perché non ci prostriamo davanti a quel legno che lo tiene lì inchiodato e con la nostra preghiera del cuore non ammettiamo che quei chiodi continuiamo noi a fissarglieli nella carne perseverando nel privarlo del nostro amore per Lui che, per noi, come un genitore, ha dato la Sua vita?
Una madre che partorisce ed è disposta a dare la propria vita, per amore, pur di non sacrificare quella della sua creatura, [vedi il sacrificio di Santa Gianna Beretta Molla] forse non si avvicina a quel Cristo sulla croce che esala l’ultimo respiro e ci dona il Suo Spirito, cioè il Suo Amore? Come possiamo ritardare ancora la nostra conversione, quella del cuore? Di fronte a tanto amore per noi, così indegni, come facciamo a non piangere per le offese che rivolgiamo con tanta facilità a quel corpo martoriato dal nostro reiterato peccato?
In che modo pecchiamo? Verrebbe da chiederci…
“In pensieri (quanti torbidi, concupiscenti…), parole (bestemmie, calunnie, spergiuri…), opere (violenze fisiche, stupri, omicidi, furti, aborti…) e omissioni (quante mancanze di carità, di attenzioni, di aiuti morali o materiali…)”…
Mi è sfuggito qualcosa?
Eppure, nonostante tutto ciò, il Signore ci ha amato, ci ama e continuerà a farlo sino all’ultimo istante della nostra vita, aspettando solo di poterci perdonare per quella infinita, sconfinata, incommensurabile, inspiegabile, “masochistica” misericordia! Attende solo un nostro sincero e profondo “Signore, perdonami!” e vedremmo il Suo cuore sciogliersi in rigagnoli, ma che dico, torrenti di amore per noi! È come il padre che soffre nel vedere il proprio figlio perdersi su strade sbagliate, osservandolo nelle scelte scellerate (“materia grave”) da lui compiute, apparentemente in modo libero (“deliberato consenso”) e consapevole (“piena avvertenza”) …
DOMANDIAMOCI E DOMANDIAMOGLI
Ma Signore, come è possibile che la Tua creatura arrivi così in basso con questa ingratitudine verso di Te e il Tuo sacrificio per lui? Se ne rende conto pienamente e sino in fondo? È realmente conscio della gravità del peccato che quotidianamente, con estrema leggerezza, compie? Non so Signore se sia effettivamente sempre così e se per un sol peccato “mortale” (contravvenendo ai Dieci Comandamenti…) nei quali e contro i quali siamo quotidianamente “a mollo”, possiamo “meritarci” la pena eterna…
Beh, Signore, mi sembrerebbe poco “misericordioso” da parte Tua… Sì, Signore, pur nella mia imperfezione (non mi hai fatto Tu così? Forse anche perché se mi avessi fatto perfetto e non bisognoso del Tuo aiuto, mi sarei inorgoglito e avrei corso ancor più facilmente il rischio di imitare… Lucifero, alias Satana[1]) sento di amarti e di non poter fare a meno di Te, del Tuo richiamo, della Tua correzione, ma anche del Tuo perdono, del Tuo aiuto, del Tuo sostegno per non cadere rovinosamente e non riuscire più a rialzarmi.
Signore, hai capito che Ti voglio bene?
Sei certo che il mio trasgredire sia fatto volutamente per offenderti, per rinnegarti, per tradirti, per vendermi al “nemico cornuto”? No Signore, no! Il mio peccare è frutto di quel “libero” arbitrio ferito, indebolito dal peccato originale che ancor oggi, pur dopo il Battesimo, per effetto della concupiscenza, continua a farmi cadere!
Forse quello che sto scrivendo, in questo momento, non è una confessione autentica, un mio aprirti il cuore e sin anche uno scrivere da Te ispirato, quasi come un esame di coscienza, una ammissione di colpevolezza, un manifestarti i miei limiti, le mie incapacità, tutta la mia fragilità? E se devo attenermi alle norme del catechismo, Signore, non rischio di ricadere in quel legalismo che Tu tanto hai cercato di combattere a colpi di… amore? Con l’esempio, non con le parole o, meglio, anche con le parole, la Parola, ma soprattutto con quella misericordia che non condanna, ma redime, converte, disarma e fortifica il nostro essere.
CONSIDERAZIONI
Tu ci hai creati così, con le nostre debolezze perché nel combattimento quotidiano potessimo appellarci a Te, lodarti, ringraziarti e desiderarti. Ma non si desidera una punizione o chi la somministra. Non si segue chi ti rimprovera ad ogni errore. Non si ama chi non sa amarti per primo. Non si ha bisogno di uno che ti giudichi sempre e comunque, condannando ogni tuo sbaglio… No, non è questo il Padre di cui si sente il bisogno.
Abbiamo necessità di un Padre amorevole, innamorato della Sua creatura, con tutte le imperfezioni che gli sono connaturate, ma che dentro il suo cuore desideri Te, Padre di infinito Amore, unica ragione del nostro affannarci su questa terra, del nostro, nostro malgrado, dover soffrire lungo quei quattro giorni che trascorriamo in questa valle di lacrime. L’unica nostra speranza è che Tu possa guardare nel nostro cuore e scorgere in fondo, nel più profondo dei nostri abissi, sin incomprensibili per noi, ciò che realmente proviamo per Te, visto che in quel guazzabuglio che sono i nostri sentimenti, possiamo provare l’autenticità di quell’amore che lo Spirito, messo in noi sin dalla nascita, aneli a Te e a Te voglia ritornare: questo è il Paradiso!
L’Inferno? Non poter ritornare e congiungersi a Te… per l’eternità! E tu pensi che noi, scientemente, vorremmo questo? Dio mio, ma ciò è essere folli! Come potremmo mai desiderarlo? Per cui, non per cercare una facile scorciatoia, una giustificazione dell’ultima ora, ma come potremmo scegliere con “Piena avvertenza e deliberato consenso” di rimanere lontani da Te per l’eternità? Non pensi che, nella quasi totalità dei casi, il nostro peccare non sia piuttosto frutto della primogenitoriale debolezza post-tentazione/peccato?
Cioè che, come dipendenti da una droga (la concupiscenza…) non riusciamo a resistere alla tentazione diabolica? E continuiamo a ricaderci anche dopo una sacramentale confessione? Ma Tu questo lo sai ed è per questo che Ti sei fatto simile all’uomo in tutto, all’infuori del peccato, per salvarci da quel peccato, per dimostrarci che come uomo è possibile superare le tentazioni del demonio, come Tu hai fatto e, come Dio, l’hai sconfitto!
Salvaci, Signore e abbi misericordia di noi!
CONCLUSIONE
Come introdotto dal titolo di questo articolo, di risposte, Lui, “direttamente” non ne dà, ma ci parla al cuore tramite la nostra coscienza, il Suo “codice morale” a noi inscritto col Suo alito di vita, col Suo Spirito, alla nostra nascita e che ci accompagna, guida e… “risponde” – a modo Suo… – a tutti i nostri quesiti, lungo tutto l’arco della nostra esistenza terrena per, poi, darci tutte le risposte che desideriamo comprendere il giorno in cui saremo con Lui, da Lui…
Con affetto, vostro Antonio.
[1] Come si legge nella Divina Commedia: “Dante lo colloca nella quarta zona di Cocito (IX Cerchio dell’Inferno), la Giudecca che da lui prende il nome e dove sono puniti i traditori dei benefattori (Inf., XXXIV): il dannato non è sepolto nel ghiaccio come gli altri, ma è dilaniato dai denti di Lucifero nella bocca della faccia centrale, dentro cui ha la testa e dalla quale fa pendere i piedi; il mostro gli graffia la schiena con gli artigli e talvolta gliela scortica totalmente. Giuda è punito in quanto traditore di Cristo e della Chiesa, mentre i suoi due compagni di pena (Bruto e Cassio, maciullati nelle bocche laterali di Lucifero) sono i traditori di Cesare e quindi dell’Impero”.
2 risposte
Ho avuto il piacere di leggere contenuti interessanti, ma ciò deriva dal fatto che sono religiosa. Le riflessioni fatte sono esposte in modo semplice e chiaro. Non possono essere contraddette, ma ampliate.
Condividendole posso solo aggiungere ma non togliere le verità espresse. Peccato che il mondo odierno abbia perso il gusto dell’ essenziale e dei valori morali tramandati dalla Bibbia.
Oggi è preminente soddisfare a qualunque costo la natura umana annientando quella spirituale. Ognuno sarà ripagato (eternamente) secondo quello per cui ha dedicato la propria vita.
Cara Maria, apprezzo quanto sottolinei e spero che chi, come te, avrà occasione di leggere l’articolo da me redatto possa riflettere sulle conseguenze del suo operare su questa terra. Poi confidiamo tutti nella infinita misericordia del Padre, non confondendo la Sua capacità di perdonarci con la nostra di approfittarcene… perché penso che se il Signore dovesse ripagarci con la nostra stessa moneta (l’ingratitudine verso di Lui), credo che se ne salverebbero veramente pochini pochini di esseri umani…
Auguriamoci che il ravvedimento circa la nostra condotta di vita, non sempre lineare e coerente con i propri principi di fede, e di coloro che non hanno ancora il dono della fede, possa giungere prima che sia troppo tardi, come si usa dire: “Fuori tempo limite massimo”… Con affetto, ti saluto.