Antonio Palmiero

Educazione e S. Messa: un “Galateo” da rispolverare?

Ma che argomento è mai questo? Tra i tanti di attualità, proprio questo tema era così importante da dover essere trattato?

INTRODUZIONE

Comprendo che in una società o, meglio, in una nazione quale l’Italia che nasce “cristiana e cattolica” – benché oggi non sia più considerata tale in termini di “Religione di Stato” – il tema evidenziato nel titolo dovrebbe essere considerato “anacronistico”, di scarso se non addirittura nullo come interesse e sin incomprensibile il motivo per cui doverlo prendere in considerazione.

Tra l’altro la “cattolica” Italia vede un calo dal 2001 ad oggi del 50% di coloro (il 36,4%) che si dichiaravano un po’ praticanti, al 18,8% del 2022 di coloro che vanno a Messa almeno una volta alla settimana (presumo la domenica o il sabato sera, come prefestivo). Dati ISTAT…

Quindi? Da cristiano cattolico praticante, penso che questi dati siano abbastanza disarmanti per una nazione che si è sempre dichiarata cattolica… non credete? Ma, oltretutto – e non solo le nuove generazioni ma, ahimè, anche quelle più “vecchie” – sembra si siano dimenticate, a mo’ di “analfabetismo di ritorno”, di come ci si comporti entrando in una chiesa, per definizione “luogo sacro”.

Cosa intendo dire? Semplicemente che tutto quello che seguirà è una constatazione e un invito a far mente locale ad alcuni aspetti comportamentali ai quali, forse, abbiamo perso l’abitudine a farvi caso o, semplicemente, tolleriamo: ciò non è sempre segno di buon senso od emancipazione intellettuale e culturale.

Ma andiamo con ordine, precisando che non tutti i comportamenti che verranno qui descritti ed elencati siano stati contemporaneamente rilevati o presenti durante una stessa funzione religiosa – a volte sì… – ma siano un po’ una raccolta – e anche qui, non di una sola parrocchia… – di come si partecipi alla S. Messa, o meglio, di come non si dovrebbe partecipare alla/e varie funzioni religiose. Detto da un laico.

Vediamole una per una, con calma e senza retorica, consentendomi talvolta di ironizzare o volutamente “esagerare” per evidenziare aspetti che altrimenti, in funzione dell’attuale “galateo” religioso, potrebbero passare per modi di agire “normali”… D’accordo?

PUNTUALITA’

Iniziamo bene… Per molti sembra che l’orario di inizio della celebrazione sia un optional: entrare a Messa già iniziata, magari 10 o 20 minuti dopo, non sia così fondamentale, aldilà della validità o meno dell’assolvimento del precetto festivo – compromesso o meno dal ritardo – e del fatto di disturbare celebrante ed assemblea, poco importi loro. Che qualche volta, per cause di forza maggiore, si possa ritardare, nessuno si scandalizza, ma che questa sia un’abitudine ad appannaggio – di solito – delle stesse persone, lascia quantomeno perplessi: che non sappiano esattamente a che ora inizi la funzione domenicale?

Una considerazione: ma se dovessero andare ad un concerto, un teatro o ad un cinema, sarebbero altrettanto “puntuali”?

DISPOSIZIONE SULLE PANCHE/SEDIE

Che gli esseri umani, nella maggioranza dei casi, siano abitudinari, è un dato di fatto. Si dice, non a caso e non lo affermo solo io, che una abitudine – di solito “cattiva”… – sia dura a morire. E quella del “posto a sedere” sembra non fare eccezione, non perché sia definibile come una “cattiva abitudine” il sedersi nel solito punto, ma “guai” se qualcuno dovesse occuparlo al suo posto: le espressioni, anche comiche, che si disegnano sul volto del “proprietario” di quella sedia, o parte della panca, sono veramente variegate. Dall’atteggiamento del tipo “Guardi che lì mi son sempre seduto io…” al “e adesso dove mi siedo?” (con la chiesa praticamente vuota sino a 5 minuti prima dell’inizio della celebrazione…) sono solo uno dei “quadretti” da sketch comici italiani.

Ma questo modo di porsi è, credo, in assoluto, il più veniali dei peccati…

Diventa un po’ meno veniale se lo abbiniamo, però, al punto precedente, quello della puntualità, perché se il nostro abitudinario è portato ad occupare le panche in prima fila, incomincia la danza dell’avanti e indietro, dai primi posti agli ultimi, “alla ricerca del posto perduto”… con relativo disturbo dell’assemblea.

Qui, però, c’è un “concorso di colpa”: se i fedeli che entrano in chiesa iniziassero ad occupare i primi posti (non facciamo facile retorica con la pagina del Vangelo – Lc 14,7) chi dovesse arrivare successivamente – magari a funzione iniziata, appunto – andrebbe ad occupare, man mano, quelli più liberi dietro senza recare disturbo all’assemblea già presente.

Una proposta: e se mettessimo un incaricato a regolare questo flusso? Non servono vigili… né multe per i “trasgressori”, ma un po’ di buon senso.

COMPORTAMENTO E RISPETTO DEL LUOGO

Non son più giovane ma nemmeno così vecchio da aver vissuto ai tempi di Gesù… ma non mi sarebbe dispiaciuto osservarlo quando perse un po’ la pazienza con i mercanti del Tempio. Perché? Semplicemente perché a volte mi sembra che le nostre chiese si trasformino, in particolare all’inizio e alla fine della celebrazione – i due momenti topici –, in un mercato dove giovani e meno giovani, vociferano a voce alta, manco fossero al mercato in piazza, appunto!

Ma, giusto per non farci mancare nulla, anche durante la funzione, l’omelia, in particolare, diventa un’ottima occasione per scambiare quattro chiacchiere col vicino… se non per dare una sbirciata al cellulare (fosse almeno in funzione “aeroplano”…) che suona inesorabilmente e, credetemi, non solo il diretto interessato (di solito anziano con un po’ di ipoacusia) non lo sente squillare ma, una volta che glielo si fa notare… risponde pure!

Ho detto in esordio che avrei anche esagerato volutamente in qualche passaggio… ma a questa situazione ho assistito personalmente, credetemi, ripeto, incrociando lo sguardo “sconsolato” (per non dire altro) del celebrante…

BAMBINI PICCOLI (E MENO PICCOLI)

15 Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. 16 Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. 17 In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà»” (Lc 18, 15-17).

Ora, non so a quali bimbi si riferisse, ma se penso a quelli che rendono “piacevole” la S. Messa allietando l’ascolto delle letture, dell’omelia e del resto della liturgia, con i loro acuti da aquile – che lo stesso Andrea Bocelli invidierebbe – o con pianti senza lacrime e capricci accompagnati da corse ripetute per la navata centrale e i transetti laterali, beh penso che qualche revisione della Parola, il Signore, l’avrebbe fatta.

C’è una barzelletta che, a proposito della frase evidenziata in grassetto, all’ennesima pallonata da cui era stato colpito Gesù da un gruppo di bambini mentre giocavano e Lui predicava, aggiunse al termine del “…lasciate che i bambini vengano a me” un “…che quando li ho presi…”. Sdrammatizziamo e sorridiamo.

Mi domando, battuta a parte: i bimbi son piccoli e per definizione non responsabili e poco comprendono la realtà del luogo in cui si trovano, ma i genitori? Se non sono in grado di limitare lo sbraitare dei propri figli (tradotto: se non sanno educarli) credo sarebbero dispensati dal precetto festivo di “santificare la domenica” precludendo una partecipazione e un ascolto sereno ai restanti fedeli (magari anche un po’ ai sacerdoti che vengono “santificati” per l’umana/divina pazienza e spirito di sopportazione…). O sono un intransigente?

Ho avuto anch’io due figli, gemelli per di più: “maschio e femmina li creò”. Ma non si sono mai sognati né di urlare come aquile in chiesa, né di correre a destra e a sinistra. Al massimo si mettevano in braccio e si addormentavano. Forse sono stato fortunato ad avere due angeli o, forse, sono stato in grado di insegnare loro come dovevano comportarsi: e avevano anche loro tre/quattro anni, non trenta… In difetto, mi sarei alternato con mia moglie in funzione degli orari delle varie celebrazioni eucaristiche. È difficile fare questo, per propria comodità, o gli altri devono subire le urla dei figli mal-educati?

CHEWING GUM

Chewing gum? Cosa c’entra? C’entra, c’entra… Avete mai fatto caso a (purtroppo) adulti che masticano il chewing gum (la “cicca”) durante la S. Messa per poi andare a fare la S. Comunione (spero rimuovendola prima dalla bocca e riponendola in un fazzolettino di carta e non sotto la panca o la sedia – “tipo scuola”)?

Ma li trovo tutti io? Qualcuno potrebbe lecitamente chiederselo ma, in circa 60 anni di frequentazione delle S. Messe, ne ho viste di tutti i colori e non ho ancora finito… se non vi siete già stancati di leggere.

Da catechista feci presente ad un genitore che il figlio, entrando in chiesa, continuava a masticare la “cicca” e sapete quale risposta ricevetti? Questa: “Perché non si può?”. A voi lascio ogni ulteriore considerazione.

Ah, un dettaglio: mentre mi rispondeva, quel papà, continuava a masticare il… CHEWING GUM! “Tale pater talis filius” come recita il proverbio latino…

PREGHIERA E CANTO IN… PLAYBACK

Talvolta, seguendo il rito domenicale, caratterizzato da una alternanza tra quanto recita il celebrante e le risposte dell’assemblea, mi sembra ci sia uno scollamento. In che senso? Nel senso che mi sembra ci sia più un “monologo” unidirezionale che non bi-direzionale. Mi spiego meglio. Di solito ad una invocazione, una preghiera o si risponde alternandosi, ripeto, tra celebrante ed assemblea e/o si recita assieme la preghiera comune. Vedi il “Confesso mio Dio…” il “Gloria”, il “Credo”, il “Padre nostro” ecc. mentre spesso si ode il sacerdote iniziare una di queste preghiere e l’assemblea rispondere, per “tono” della voce e per “numero” di persone, rispettivamente in “decibel” e “percentuale” assai contenuti.

Se solo tenessero lo stesso tono di voce che utilizzano all’ingresso e alla fine della Messa – quando entrano e stanno per uscire (o si trattengono) in/dalla chiesa – le pareti o le colonne della stessa entrerebbero, per risonanza, in “pericolosa vibrazione”…

Esagero, evidentemente, ma è veramente “assordante” il silenzio che si genera in termini di partecipazione attiva dove, al massimo, qualcuno prega e segue mentalmente il rito orante. E il canto? Ah, beh, quello è in playback, dove si vedono delle labbra muoversi, ma di voce non ne esce…

Ora, capisco che non siamo tutti cantanti lirici, tenori, soprani ecc., ma un canto popolare e religioso non richiede prestazioni canore da “Il Volo” o da “Tale e quale show”, ma una semplice espressione di un canto corale, con qualche stonatura compresa, ma segno di sentita partecipazione devozionale: cantassero almeno come in un karaoke… senza voler essere blasfemo o irrispettoso del sacro.

PARTECIPAZIONE ALLE CELEBRAZIONI DEI SACRAMENTI E ABBIGLIAMENTO

E qui la nota diventa veramente “dolens”… Chi di voi non ha mai partecipato ad una S. Messa di Battesimo, Comunione, Cresima, Matrimonio (tralascio volutamente quella dei Funerali, per rispetto del defunto)?

Vorrei ricordare che non sono delle festicciole di famiglia (anche, ma dopo…) bensì dei Sacramenti. Ora, che sia un momento di festa e di gioia personale e collettiva, nessuno lo obietta, ma che si trasformino spesso in una forma più o meno marcata di allegre brigate (mi riferisco al parentado e relativi amici ed invitati) mi sembra un fatto, purtroppo, né raro, né eccezionale.

Dall’abbigliamento che definire “originale” – soprattutto ai matrimoni – è sin benevolo, in particolare da parte del seguito lì convenuto sia per la particolarità degli abiti indossati, soprattutto dalle signore (complice anche la stagionalità primaverile/estiva in cui si celebrano questi Sacramenti) con “mise” forse più adeguate ad una festa da ballo che non ad una chiesa, tra scollature e trasparenze che lasciano alquanto perplessi.

Preciso: non sono né misogino, né mi scandalizzo per un bel corpo femminile esibito e fasciato in un abbigliamento raffinato, ma il buon gusto dovrebbe orientare la scelta in base all’ambiente. Nessuno si meraviglierebbe di una donna in bikini sulla spiaggia o, addirittura, in costume adamitico passeggiare in riva al mare in un campo di nudisti, ma credo che in chiesa un minimo di rispetto per il luogo e per chi è presente in quella realtà (Padre eterno in primis, che di certo non arrossirà, ma penso che un po’ scuoterà la testa…) nonché per i celebranti e gli altri presenti nell’assemblea, si dovrebbe avere.

Oltretutto mi sembra di poter osservare che molti degli invitati, in chiesa, ci siano andati l’ultima volta in occasione del proprio Battesimo… o della Comunione del proprio figlio e/o di qualche nipote o conoscente.

Perché dico questo? Semplicemente perché mi sembrano più interessati all’abbigliamento dell’altra invitata che non alla funzione religiosa. E qui, non vogliatemene, ma le donne sono le prime ad impersonare questo ruolo. Ad osservarle quando vanno a ricevere l’Eucaristia, mi sembra sfilino su una ipotetica passerella, guardandosi attorno, sistemandosi il vestito e, non voglio inveire, anche con minigonne – spesso nelle più giovani – che, ripeto, non sfigurerebbero in una discoteca, ma in una discoteca…

Non sarà un caso che, un tempo, normalmente, le prime panche davanti all’altare fossero frontalmente “chiuse” da un pannello di legno benché, un tempo, molto tempo fa, l’abbigliamento e la postura di chi si sedeva nelle prime panche fosse più attento e composto anche sotto questo aspetto.

E che dire delle persone – qui, a prevalenza maschile – che, nel momento dell’omelia, si alzano, escono dalla chiesa e vi ritornano a omelia conclusa? Forse facevano prima ad attendere direttamente al ristorante per festeggiare il bambino dopo la sacra celebrazione.

A tal proposito desidero raccontarvi un episodio di cui fui testimone, credetemi… da non credere!

Ero stato invitato ad un matrimonio, ancora diciottenne, e lo sposo più che quarantenne, entrò nella chiesetta ancora vuota, prima del rito, con – udite, udite – la sigaretta accesa in bocca! Il sacerdote che avrebbe dovuto celebrare la funzione, andandogli incontro per accoglierlo, gli fece osservare che in chiesa non si poteva fumare… L’amico, futuro sposo, esclamò: “Ah, non si può?” e voltandosi, spense la sigaretta nell’acquasantiera! All’obiezione quasi esterrefatta del sacerdote: “Ma cosa fa? Quella è l’acquasantiera!” il futuro sposo rispose: “Ah, non è un posacenere?”…

Lascio a voi ogni considerazione, ma presumo che quella persona, in chiesa, ci sia entrata per Battesimo, Comunione, Cresima, Matrimonio e ci ritornerà – gli auguro il più tardi possibile – per il… funerale.

Termino scusandomi se in qualche passaggio ho, forse, un po’ esagerato nello stigmatizzare certi atteggiamenti, ripetendo che non tutto ciò che ho qui descritto sia stato da me rilevato in una singola celebrazione ed aggiungo che qualcuno potrebbe obiettare se anch’io fossi stato più attento all’assemblea presente nelle varie funzioni ed occasioni celebrative piuttosto che al rito religioso a cui prendevo parte.

Ma è proprio questo il punto: tutto quanto su descritto diventa elemento di distrazione e disturbo per chi vorrebbe partecipare alla S. Messa non distolto continuamente da quanto appena detto.

Sperando di non aver turbato nessuno, lascio a chi, eventualmente, fosse rimasto comunque un po’ turbato, di esprimere la propria opinione rispondendo a quella domanda introduttiva circa la necessità di insegnare quel “galateo”, quel comportamento da tenere in determinate circostanze ed ambienti ai giovani e rispolverare la memoria agli adulti…

Poi, spiritualmente, ognuno risponderà alla propria coscienza: “La messa/predica è finita, andate in pace”. Amen.

Con affetto, Vostro Antonio.

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2 risposte

  1. Caro Antonio,
    articolo interessante e piuttosto divertente in alcuni punti.
    Sono d’accordo con te su quanto hai evidenziato, che presumo accada in tutte le Chiese durante la celebrazione della S. Messa . Boccio la proposta di un incaricato a regolare il flusso dei partecipanti che , a mio parere, devono essere liberi nella scelta del posto.
    Se posso fare una critica , consiglierei ai vari sacerdoti, di rendere il momento della predica più
    coinvolgente soprattutto per attirare l’attenzione dei giovani spesso distratti ed annoiati.
    Io stessa , non assidua frequentatrice , faccio una scelta tra una Chiesa e l’altra proprio in base a chi celebra la funzione.
    Ultimamente mi è capitato di assistere qualche volta il venerdì alle 18:00 alla Messa nel Duomo di Lodi , più precisamente nella cripta , luogo raccolto con possibilità di poche persone.
    Ho davvero apprezzato il silenzio dei presenti , quando necessario , rispettosi del luogo e la bravura del Sacerdote nel condurre la celebrazione .
    Forse sbaglio, ma ho la convinzione che, diverse persone si rechino ad assistere alla S. Messa più per tradizione , immagine ed abitudine , e per sfoggiare , magari , il ” vestito nuovo ” .
    Mariagrazia

  2. Cara Mariagrazia, condivido a mia volta quanto mi scrivi. Purtroppo accade che alla S. Messa ci si rechi (per chi ci vada ancora…) più per abitudine/obbligo di soddisfare il precetto festivo che non per convinzione… Il resto ne è conseguenza. E’ anche vero che il sacerdote abbia una responsabilità nel momento dell’omelia. Alcuni fanno perdere la concentrazione per la modalità, la forma con cui predicano (per es. lettura del commento da loro scritto e letto in modo “mono-tono”), altri per il dilungarsi oltre tempi ragionevoli, ma è anche vero che i partecipanti sono spesso attenti ad altre cose, come descritto nel mio articolo. Quanto affermi in conclusione è, purtroppo, ancora una volta, il risultato più evidente nei momenti delle celebrazioni dei sacramenti (Battesimo, Eucaristia, Matrimonio, ecc.) ove chi vi partecipa, probabilmente, non è così abituato ad andare in chiesa e alla S. Messa. E’ quella mancanza di valori che probabilmente si sono persi lungo quel lento ma progressivo processo di scristianizzazione a cui la nostra (ma non solo) società sta vivendo nella quasi totale indifferenza del popolo “cristiano”. La Fede è un dono, ma va cercato per chi ritiene di non averlo ricevuto; conservato, per chi ce l’ha, ed accresciuto per non perderlo… A tal proposito, se ti farà piacere, ho pubblicato sul tema un libro dal titolo: “Ma io non credo in Dio!” …ma Lui crede in te. Se ti potrà interessare lo trovi su Amazon. Buona lettura e grazie per il tuo commento. Con affetto, Antonio.

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