Il Triduo Pasquale
PREMESSA
L’articolo che qui riporto è tratto dal cap. 24° del libro da me pubblicato: “DIARIO SPIRITUALE – Non di un eremita, di un mistico o di un Santo, ma di un uomo come te… – qui la sua copertina:

Di conseguenza, chi l’avesse già acquistato e letto non me ne voglia, ma credo che il tema trattato sia quanto mai pertinente in coincidenza col periodo quaresimale in corso, in questo marzo 2024. Lascio quindi al lettore la parola e, se lo vorrà, la risposta alla domanda che principia questo blog e, se lo desidera, potrà scrivermela in fondo all’articolo: sarà mia cura e piacere rispondere, come mia abitudine, a tutti coloro che mi lasciano il loro commento. Buona lettura.
INTRODUZIONE
Il Triduo pasquale è il culmine, la sintesi della nostra fede, la ragione d’esser cristiano-cattolici.
Al tempo stesso, riflettendo sui singoli passaggi, dall’ultima cena con la lavanda dei piedi, dall’istituzione dell’Eucaristia al tradimento di Giuda sino alla passione e morte di Cristo sulla croce, è un via via di episodi, di momenti, di situazioni materiali e spirituali, di certo non disincarnati gli uni dagli altri, tali da non poterci far esimere da una meditazione, non tanto dottrinale e/o teologica in sé, quanto di un umile atteggiamento empatico, cioè di un “mettersi nei panni dell’altro” per viverne da dentro le emozioni, i valori, gli stati d’animo: ora in quelli di Pietro, il “rinnegatore”, ora in Giuda, il “traditore”, ora in Gesù, il “rinnegato e tradito” nonché, giusto per non farsi mancare nulla, al termine, anche “crocifisso”.
Non vi nascondo che in questo istante, mentre sto scrivendo, la mia mente è affollata da tanti pensieri che vorrei non mi sfuggissero perché di carne al fuoco ce n’è veramente tanta e, più che una riflessione, rischio di scrivere un poema… Ovviamente non potrò approfondire tutte le tematiche che da qui scaturirebbero, altrimenti non mi basterebbe una giornata…
Ma andiamo con calma cercando di non farci travolgere dalle tante cose che partono dal cuore e affollano la mente, ma chiediamo allo Spirito Santo di soffiare in noi e illuminare chi sta redigendo questo scritto, cioè il sottoscritto, e chi, leggendolo, lo ascolterà.
LA LAVANDA DEI PIEDI
Partendo dalla lavanda dei piedi, penso come questo gesto di estrema umiltà, spesso scambiato come un gesto “servile”, assuma nella pedagogia divina una profondità assoluta: Lui, Dio, il Creatore del mondo, “ai piedi” della Sua creatura! Ma chi, se non Lui (e il nostro Papa Francesco ha fatto lo stesso con i “signori” della guerra per scongiurare un riaccendersi delle ostilità nelle fratricide guerre tra le popolazioni africane) avrebbe mai potuto istituire un gesto di tale portata? E come ci sentiamo o ci saremmo sentiti al posto degli apostoli?
Pietro disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». (Gv 13, 1-15).
Noi cosa avremmo detto, cosa avremmo fatto? Io penso che sarei scoppiato in lacrime pensando alla mia miseria, ai miei peccati e di fronte a chi mi stavo trovando e a quello che stava facendo per me… Io che col mio agire lo offendo quotidianamente, invece di essere umiliato, redarguito e castigato, vedo inchinare davanti a me il mio Creatore, Colui che con uno sguardo potrebbe annientarmi per le mie colpe che, invece, si china, di fatto si inginocchia davanti a me, peccatore! Ci abbiamo mai pensato? E come facciamo noi ad essere così orgogliosi e pieni di noi stessi, indisponibili al perdono per una offesa ricevuta, magari frutto di un malinteso, di fronte ad un nostro fratello? Nell’ultima cena Gesù istituisce il sacramento (il “dono”) dell’Eucaristia (il “rendimento di grazie”).
ULTIMA CENA ED ISTITUZIONE DELL’EUCARISTIA
Ecco come Luca ci descrive questo fatto, con la relativa analisi qui riportata tratta dal sito unionecatechisti.it: Gesù promette e istituisce l’eucarestia (Scheda N° 19):

<<Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua, Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: “Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare”. Essi andarono… e prepararono la Pasqua. Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più finché essa non si compia nel Regno di Dio ” … Poi prese un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi: fate questo in memoria di me”.

Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi”. ( Lc 22,7-20 ) ( CCC 1339 ). Con queste parole divinamente semplici, Gesù, mantenendo la promessa di Cafàrnao, compiva un triplice grandioso prodigio.

- Istituiva il sacramento dell’Eucaristia, per eternare nei secoli la sua presenza in mezzo agli uomini, e dare il suo Corpo e il suo Sangue come cibo e bevanda delle nostre anime: Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo! Prendete e bevete: questo è il mio Sangue!
- Istituiva il sacrificio della Nuova Alleanza, in cui la Vittima Divina si sostituiva a tutte le vittime e a tutti i sacrifici dell’Antica Legge: Fate questo in memoria di me!
3. Con le medesime parole, istituiva infine il Sacerdozio Cattolico, destinato a continuare nei secoli la missione salvatrice e redentrice del Cristo. Il giovedì Santo fu anche celebrata la prima Santa Messa, divina anticipazione del sacrificio della Croce.
“Celebrando l’ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua Morte e la sua Resurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata nell’Eucarestia, che porta a compimento la pasqua ebraica e anticipa la pasqua finale della Chiesa nella gloria del regno” ( CCC 1340 )>>.

Cosa aggiungere di più? Solo questo: alle tante chiacchiere con le quali ci riempiamo la bocca e con le quali ci riempiono le orecchie, il Signore risponde con una frase: “Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo! Prendete e bevete: questo è il mio Sangue! ”. Punto.
La Sua offerta totale in riscatto dell’uomo: pensiamo a tutti gli insulti che subì nei processi-farsa a cui fu sottoposto, senza ribadire… Ma quando il Signore apre bocca lascia tutti senza parole. Ricordate l’episodio dell’adultera? Quando all’incalzare degli scribi e dei farisei pose la ben nota domanda: <<E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”>> (Gv 8,7) e sappiamo altrettanto bene che nessuno fiatò più: “Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.” (Gv 8,10). Così è, se vi pare…
Qui il parallelo più immediato mi corre alla realtà padre-figlio, umanamente intesi: pensiamo ad un genitore che vede il proprio figlio in difficoltà, in pericolo di vita. Forse che non gli darebbe la propria pur di salvarlo? Pensiamo ad un figlio giovane in dialisi che necessita di un rene per non dover più continuare a sottoporsi ad un trattamento dialitico che, anche clinicamente parlando, non può andare avanti per sempre: forse che un padre, se compatibile, non darebbe il proprio? E così via… Ebbene, Gesù, nostro fratello e padre, dona tutto sé stesso per la nostra salvezza, per tutti gli uomini vissuti prima, durante e dopo di Lui! Perché il sacrificio di Cristo è unico e risolutivo: “2. Istituiva il sacrificio della Nuova Alleanza, in cui la Vittima Divina si sostituiva a tutte le vittime e a tutti i sacrifici dell’Antica Legge”.
IL TRADIMENTO DI GIUDA

Del rinnegamento di Pietro e delle sue lacrime amare, abbiamo già parlato (cap. 4 della Sezione Religiosa -n.d.a.: sempre relativo al libro citato “Diario Spirituale“)… Ora proviamo ad affrontare, più con il cuore che con la teologia, il dramma di Giuda, elemento controverso e dibattuto tra chi lo vorrebbe all’Inferno nella bocca centrale di Lucifero, alias Satana (1) e chi lo vorrebbe in Paradiso perché si vuol pensare che in quel gesto estremo dell’impiccagione, non ci fosse più la sua volontà, ma quella di Satana: “E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto»” (Gv 13,27).

La disputa esegetica, teologico-dottrinale, ecc. è sempre stata tra le più accese e controverse forse perché in quel Giuda, spesso, troppo spesso, ci rivediamo noi… “Ma io non tradirei mai il Signore!” mi sembra di sentire da chi sta leggendo queste righe, e voglio anche credergli, ma siamo sicuri che di fronte alla prova non tradiremmo Gesù? Magari con un coltello alla gola e la prospettiva di essere sgozzati come agnellini (ISIS “docet”… cioè, “insegna”)? Beh, qualche traballamento della fede potrebbe nascere…
Ma aldilà di casi estremi, ogni qualvolta commettiamo un peccato grave, forse non tradiamo la fiducia che Gesù ha riposto in noi? Ma ancora, immedesimandoci nella psicologia di Giuda che aveva spinto sino all’inverosimile la sfida con il Signore, nel porlo nella condizione estrema affinché Gesù, secondo i calcoli di Giuda (che era uno zelota, come Barabba), si ribellasse al potere romano e dei farisei, ponendo fine a tante sofferenze ed ingiustizie che quel dominio aveva generato nelle popolazioni autoctone, proviamo al tempo stesso un senso di pietà per il dramma spirituale che lo ha portato a quel gesto estremo, esasperato.
Il senso di colpa derivato dalla consapevolezza per il suo tradimento, ma soprattutto dal sentirsi “imperdonabile” dal Signore, dominato dalla presenza di Satana in lui (e qui si discute sulla colpa di Giuda nell’aver permesso al demonio di entrare in lui per la scelta da lui stesso fatta), non vede altro che il buio delle tenebre, il vuoto, il non senso che si prospetta di fronte, il fallimento del suo progetto, del suo volersi sostituire al Signore, usandolo, per risolvere i problemi del popolo oppresso dai romani.
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Nota (1) Come si legge nella Divina Commedia: “Dante lo colloca nella quarta zona di Cocito (IX Cerchio dell’Inferno), la Giudecca che da lui prende il nome e dove sono puniti i traditori dei benefattori (Inf., XXXIV): il dannato non è sepolto nel ghiaccio come gli altri, ma è dilaniato dai denti di Lucifero nella bocca della faccia centrale, dentro cui ha la testa e dalla quale fa pendere i piedi; il mostro gli graffia la schiena con gli artigli e talvolta gliela scortica totalmente. Giuda è punito in quanto traditore di Cristo e della Chiesa, mentre i suoi due compagni di pena (Bruto e Cassio, maciullati nelle bocche laterali di Lucifero) sono i traditori di Cesare e quindi dell’Impero”
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FEDE E RAZIONALITA’
È questo ciò che capita quando vogliamo sostituirci al Padre, quando, non capendo la logica divina, ci ribelliamo e facciamo di testa nostra… con gli esiti che ben conosciamo e che sono sotto i nostri occhi quotidianamente.

Una domanda che frequentemente mi torna alla mente, circa la responsabilità di Giuda, è che se non ci fosse stato il suo tradimento, come sarebbe potuto accadere quello che la storia ci racconta? Se non l’avesse tradito per consegnarlo ai romani, come si sarebbe potuta avverare la salvezza degli uomini per il tramite di Gesù crocifisso? In Matteo 26:52, 54 si legge: “Come si adempirebbero le Scritture, secondo le quali deve accadere così?”
È una domanda che spesso ci coglie, ci interroga, ci sorprende e alla quale, altrettanto spesso, non sappiamo rispondere. È qui, allora, che sorge il pensiero che il Signore abbia voluto che ciò accadesse perché il disegno del Padre si compisse e quindi la “non” responsabilità mortale di Giuda… ma diventa difficile sostenere una tesi di tal fattura perché immaginare un Salvatore che “usa” Giuda per realizzare il proprio piano di salvezza dell’umanità per poi riservare, proprio a Giuda, la pena eterna, stride un po’ con la coerenza del messaggio messianico e della misericordia divina… Altresì verrebbe da porre in dubbio il libero arbitrio di Giuda (e per estensione, dell’essere umano) a favore di una “predestinazione” (“Come si adempirebbero le Scritture, secondo le quali deve accadere così?” (Mt 26:52, 54)) voluta da Dio Padre…
Per questo molti pensano che il Signore, alla fine, abbia salvato anche Giuda. Ma qui, credo, sia giusto interrogarsi oltre che fermarsi, altrimenti commetteremmo il solito errore di volerci ergere a giudici del… Giudice!
Il giorno in cui saremo, speriamolo con tutte le nostre forze, nella gloria del Signore, troveremo tutte le risposte alle nostre lecite domande, ma rispettose della volontà del Padre e della limitatezza con cui ci ha concepiti.

Il fatto è che dobbiamo fidarci di Lui ma noi, con l’intelligenza che Lui ci ha dato, volutamente limitata, vorremmo capire l’infinitamente illimitato… Dio non va compreso, va accettato: il “gioco” è tutto qui. Certamente l’umana curiosità e il desiderio di conoscenza devono spingerci a ricercare sempre di più la comprensione della realtà ultraterrena e sovrannaturale di Dio Padre, ma con l’umiltà di accettare l’imperscrutabile e, per noi, l’incomprensibilità delle “assurdità” terrene (il senso del dolore innocente, la sofferenza del mondo, la fame, le violenze, il potere devastante dei signori della guerra, l’olocausto, ecc., ecc…).
È altresì comprensibile l’umano smarrimento, il rifiuto viscerale delle tante ingiustizie, i mille perché che ci assillano in una lotta interiore tra il bene e il male, ma alla fine, se avremo e continueremo ad avere fede in Lui, tutto si chiarirà in quel mosaico meraviglioso che è il Progetto di Dio in cui noi siamo delle “tessere” che, apparentemente, sono messe lì in modo “disordinato”, “casuale”: in realtà, siamo quei piccoli elementi del puzzle, inizialmente incomprensibili per forma e colore, ma che solo al termine del loro assemblaggio ci daranno un quadro completo, chiaro e perfetto!
LA CROCIFISSIONE

In ultimo, ma per modo di dire, affrontiamo il tema della crocifissione dove potremmo scrivere pagine e pagine su questo mistero di odio e amore intriso di sangue e acqua (“ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” – Gv 19,34) dove il Signore è crocifisso tra due ladroni, due delinquenti, nudo, come ulteriore scherno, umiliazione, anche umana, ed infamia!
E Lui cosa fa? Perdona! Non solo, ma si porta in Paradiso pure uno dei due ladroni, quello “buono”, non perché ne avesse combinate meno dell’altro, quello… “cattivo”, ma perché riconosce il proprio peccato e chiede al Signore di portarlo con Lui nel Suo regno (<< E disse: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42)>>): crede senza mai averlo conosciuto, io dico per “grazia”, nel Datore della vita… e si salva (<<Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”>> Lc 23,43)! Non solo, ma questo avanzo di galera, condannato a morte, viene santificato (chi entra in Paradiso è già santo, anche se non ha avuto l’onore degli altari…) direttamente dal Signore! “Quale onore”, diremmo noi, “Quale inestimabile fortuna!” dico io… È l’umiltà che lo salva, è il riconoscersi bisognosi di aiuto che cancella ogni nostra colpa di fronte al Padre che ci redime.
Notate bene: il Signore Gesù, non chiede al ladrone di confessare i suoi peccati e tutte le malefatte, sin dall’inizio e in ordine cronologico… Ha aperto quel costato che da lì a poco sarebbe stato trafitto, facendo sgorgare sangue ed acqua (il suo Spirito purificante e purificatore), lavando le colpe del mondo ed accogliendo quel povero disgraziato che la vita aveva condotto, anche lui, su quel legno che, nella disgrazia, è diventato la sua salvezza eterna!
E con quel “E Gesù diceva: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34) ha inchiodato sulla Sua croce non coloro che gli hanno fatto del male, ma il male da loro compiuto! Dicotomia tra la creatura, sempre da salvare, e il suo peccato, sempre da condannare. Ma sino a quando non saremo in grado di operare questa divisione, correremo sempre il rischio di fare di tutta l’erba un fascio e di gettare “il bambino con i panni sporchi” o meglio, se l’uomo è “grano e zizzania”, per eradicare la zizzania cattiva, eradicheremo anche il grano buono.
“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24) e, non ancora deceduto, “canonizza” il buon ladrone mentre, appena emette lo Spirito (il chicco di grano che muore…), converte il centurione romano!
CONCLUSIONE
Mi fermo qui, perché ancora molte cose vorrei dire, ma credo che a questo punto sia più opportuno far parlare il nostro cuore, quello non trafitto dalla lancia, ma dai peccati e che, come una lancia, continuano a trafiggere il Suo amatissimo cuore!

E della Risurrezione non diciamo nulla? Sì, una cosa sola: “Cristo è Risorto, Alleluja, è veramente risorto!” e con Lui risorgeremo nell’ultimo giorno con la speranza di “meritarci” il Paradiso, non per i nostri miseri “meriti”, ma per la Sua infinita Misericordia!
Buona S. Pasqua di Resurrezione a tutti!
Con affetto, vostro Antonio.
2 risposte
Si, mi è piaciuto molto: cose già mille volte sentite e ripetute, ma dette in modo tale da suscitare mille altre domande, sul mondo e su me stessa, capaci di portare ad una riflessione più profonda, più sentita.
Cara Cristina, mi fa piacere che il mio articolo abbia potuto toccare le corde della tua sensibilità per una riflessione più attenta e profonda. Certamente è difficile comprendere umanamente il mistero di Cristo, ma non è questo il fine. Come per i Santi si dice che non vanno “ammirati”, ma “imitati”, così il mistero di Dio non va “capito”, ma “accettato” con fede.
Grazie per il tuo commento e buon approfondimento, dunque.
Cordialmente, Antonio.