INTRODUZIONE
Come ormai noto nel mio stile, prendo spunto dalla definizione tratta dal dizionario online Treccani:
vigilanza: s. f. [dal lat. vigilantia, der. di vigilare]. – 1. Il fatto di esser vigilante, di comportarsi e agire con grande circospezione e attenzione.
Vorrei iniziare questo articolo chiarendo subito che questo termine “vigilanza” si presta a molte interpretazioni e significati, di cui il citato dizionario è ricco e dal quale mi sono limitato a trarre solo la definizione più generale.
Ciò non toglie che, dall’ambito strettamente letterale a quelli che la lingua italiana attribuisce a questo sostantivo, abbiamo una variegata applicazione di significati. Ad esempio, quando si parla di vigilanza, ci vengono in mente, tra gli altri, quegli Istituti privati di guardie giurate che si preoccupano di controllare le nostre proprietà, gli istituti di credito, i valori preziosi trasportati e quant’altro ha a che fare con la sicurezza e la difesa dei nostri beni materiali minacciati da ladri e rapinatori.
Il termine si associa quasi spontaneamente anche a coloro che ne portavano il nome, da questo derivato, che caratterizzava la loro professione: i “Vigili urbani”, oggi chiamati “Agenti di Polizia municipale o Locale” definizione attribuita a chi svolge la tipica attività di colui che vigila, per esempio, sul rispetto delle norme del codice della strada e sulla relativa sicurezza degli automobilisti e dei pedoni in generale.
Un’altra applicazione di questo termine è l’attribuzione a coloro che svolgono questo compito all’interno delle varie strutture sanitarie – ospedali, case di riposo, RSA, ecc. – da parte del personale addetto: in particolare quello della vigilanza dei pazienti anziani da parte delle O.S.S. (Operatrici Socio Sanitarie), così come le “badanti” che accudiscono e vigilano sulle persone non più autosufficienti al loro domicilio.
Ancora, pensiamo alla figura delle Vigilatrici d’infanzia – operatore socio-sanitario specializzato nella cura dei bambini – o alle Educatrici di asilo nido e/o agli insegnanti in senso lato che si trovano, a diverso titolo, a seguire bimbi dall’età di pochi mesi sino a ragazzi ormai adolescenti, ecc.
In ambito politico e amministrativo, col termine vigilare si intende il controllare che l’operato assegnato venga svolto nel dovuto modo senza commettere illeciti e… potremmo continuare. Vedete come è ricca la nostra lingua e quante applicazioni possono scaturire da una stessa parola!
VIGILANZA NEL VANGELO
Il tipo di “vigilanza” che vorrei sviluppare in questo blog, visto il periodo quaresimale che stiamo vivendo, è, invece o in aggiunta, quella che ci suggerisce il Vangelo di Marco:
“Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, 36perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati.” (Mc 13,35).
O di Matteo:
“1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi… 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.” (Mt 25, 1-13).
E nel Vangelo di Luca:
“39Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12, 39 – 40)
Stiamo vivendo in questo momento del mese di marzo 2024, come dicevo, la Quaresima: periodo di penitenza, ma non fine a sé stessa, come un’azione masochistica di sofferenza gratuita, ma di preparazione alla S. Pasqua, cioè a quel momento fondamentale – per chi crede nella Risurrezione di Cristo e, ancor prima, nella Sua esistenza – per la salvezza dell’uomo.
E cosa c’entra, quindi, la vigilanza? Si dovrebbe parlare di penitenze, di rinunce, di “magro e digiuno”… sbaglio? In questo periodo, della durata di quaranta giorni, si dovrebbero realizzare opere di misericordia corporali e spirituali, prepararci alla domenica di Pasqua con una buona confessione sacramentale…
La vigilanza, di conseguenza, in che modo ha a che fare col periodo quaresimale e perché l’ho scelta come virtù – perché di questo si tratta – in una realtà sociale come la nostra nella quale proprio non si sente la necessità di perdere tempo con questa tipologia di caratteristica morale o, più estesamente, con questo genere di riflessioni?
Mi rendo conto di essere un po’ anacronista nel voler proporre all’attenzione dei miei lettori un tema di tale natura, ma se avrete la pazienza e la voglia di procedere nella lettura di questo articolo, vi renderete conto della valenza che la vigilanza – scusate la rima – ha nel nostro quotidiano. Sorprendentemente.
Avete mai fatto caso come molte madri, soprattutto più giovani e, lasciatemelo dire, più superficiali, si distraggano facilmente col loro smartphone perdendo di vista i propri figli piccoli che giocano al parco e che vanno ad infilarsi nei punti più pericolosi col rischio di farsi male (magari arrampicandosi su uno scivolo al contrario o camminando troppo vicino ad una altalena in movimento…) o qualche altra situazione, tipica nei supermercati o grandi magazzini, dove, attente a cosa acquistare, dimenticano il pargolo che tra una corsia e l’altra, scompare, quando non rapito da qualche malintenzionato, il che non è poi così raro stante alle statistiche?
Infatti, da un articolo pubblicato il 26 Settembre 2023 su AIBINEWS, si legge che: “Dall’inizio dell’anno – 2023, n.d.a. – sono scomparsi in Italia 5.908 minori e… mai più ritrovati” (non esiste solo l’allora piccola Denise Pipitone o la più recente Kata, la bambina di 5 anni, sparita il 10 giugno dall’ex hotel Astor di Firenze…).
E che ne dite delle raccomandazioni fatte ai figli, magari un po’ più cresciuti, circa lo stare attenti quando vanno in auto con gli amici più grandi o all’uscita dalla discoteca – in particolare alle figlie – di fare attenzione a qualche pericolo per la loro incolumità fisica (leggi stupri…)?
Vedete, quindi, che quel “fare attenzione” si traduce con il verbo “vigilare” e potremmo continuare con altri mille esempi ancor più coinvolgenti il vivere comune: una mancata vigilanza sull’attività politica, in una nazione, dei suoi rappresentanti eletti dal popolo potrebbe portare al passaggio da una democrazia ad una dittatura, magari nel giro di una legislatura.
Ma l’accenno evangelico richiama anche l’attenzione su un altro tipo di vigilanza, non meno importante per la nostra salvezza, anzi: quella morale, cioè quella della tendenza a trascurare le conseguenze di un codice morale disatteso, per noi stessi in primis, e per l’intera collettività come effetto domino se non rispettato da più persone, come in un contagio.
Cosa intendo dire? Semplicemente che se non stiamo più che attenti ad ascoltare quella coscienza (il nostro codice etico) potremmo essere portati ad indulgere alla tentazione (la preghiera del Padre nostro, non a caso recita: “…non abbandonarci alla tentazione…”) cadendo in quei comportamenti non solo immorali, ma anche illegali.
Quanti politici, magistrati, ministri, pubblici funzionari, imprenditori, uomini dello spettacolo, sportivi, ecc. si sono lasciati corrompere per non aver vigilato su quelle situazioni “scivolose” (qualcuno, la corruzione, la chiama non a caso “la unta”, nel senso di “ungere” qualche “ingranaggio” con relativo pagamento in denaro o in favori e/o potere…) arrivando a violare il codice penale con relative conseguenze personali e collettive, cioè per la comunità?
Quanti personaggi famosi si sono rovinati, magari per l’uso di sostanze stupefacenti, non essendo stati in grado di esercitare questa virtù che avrebbe potuto evitare loro di cadere in quelle situazioni (anche perché alla vigilanza è normalmente associata pure un’altra virtù, quella della prudenza, come abbiamo visto nella definizione in testa: “Il fatto di esser vigilante, di comportarsi e agire con grande circospezione e attenzione”, ovverosia con prudenza, appunto…).
Siete d’accordo che queste frasi evangeliche non siano solo un’applicazione di natura esegetica per i soliti addetti ai lavori, ma che ha anche le sue implicazioni laiche?
RIFLESSIONE SPIRITUALE
“Vigilate, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà” l’invito, in Marco, che Gesù rivolge a tutti i discepoli e a coloro che lo seguono (e a noi…) affinché non si addormentino e non vengano sorpresi dal “padrone” che torna all’improvviso.
“Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” nel brano evangelico di Matteo – quello delle vergini sagge e di quelle stolte – ancora viene ribadito il concetto.
“Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” in Luca si ribadisce il concetto del tenersi pronti, alias, vigilare.
Dunque? Credo che il messaggio sia chiaro: non possiamo permetterci il lusso di essere distratti da mille distrazioni, perdonate il gioco di parole, ma dobbiamo essere sempre vigili, attenti alla nostra realtà di esseri viventi sino a quando… lo saremo.
Sì, perché credo non sia sfuggito a nessuno che la nostra vita è un battito di ciglia e… arrivederci. Cosa significa? Semplicemente che se crediamo in una vita oltre la vita e in quello che ne seguirà, in termini di Giudizio, non possiamo far finta di niente e vivere come se non ci fosse un domani ultraterreno e un dover dare conto di come abbiamo vissuto o sciupato questa grande opportunità che il Signore ci ha concesso per “meritarci” il premio eterno.
So che qualcuno storcerà il naso a leggere queste parole, ma nel rispetto delle varie opinioni, favorevoli o contrarie, non posso esimermi, in qualità di credente e “scrittore indipendente di racconti spirituali”, di esprimere ciò che sento e penso in merito a queste tematiche.
Credo non sia sfuggito nemmeno, all’attento lettore, il mio aver posto tra virgolette il verbo “meritare” riferito a noi con quella particella pronominale “ ci ” di “meritarci” riferita sempre a noi, tutti compresi, nessuno escluso, a meno che ci si voglia auto-escludere. Sì, perché la salvezza è offerta a tutti come dono gratuito, con la morte e Risurrezione di Cristo, ma il Padre eterno lascia liberi ciascuno di noi di voler credere in Lui e di aderire alla Sua infinita misericordia e alla Sua volontà di redimerci dal peccato e donarci il Paradiso come premio del Suo amore per l’eternità!
Vorrei però richiamare la vostra attenzione su alcuni termini che ho qui utilizzato per esprimere le mie convinzioni di fede, in particolare su: “meritarci”, “premio”, “donarci” e “misericordia”.
Cercherò di essere il più sintetico possibile perché ognuna di queste parole comporterebbe una dissertazione molto ampia che, però, mi porterebbe fuori tema dall’argomento che stiamo trattando, anche se ad esso connesso: quello della vigilanza.
Il “meritarci” il premio eterno, non consiste in un slalom e in un bilancio tra meriti (+) e demeriti (-) così aritmeticamente calcolati: (tot +) – (tot -) = +/- … Se il risultato sarà + allora ci salveremo, se – ci danneremo. Se così fosse, basterebbe un “ragioniere”… non un Dio Padre e Giusto Giudice! D’accordo?
Un atto di amore, un pentimento sincero, profondo ed autentico, ci potranno garantire il diritto di appellarci alla Sua misericordia – non certo di autoproclamarci “salvati” – e non certo come “gesto di furbizia” dell’ultimo momento, così che ci consenta all’ultimo istante, di una vita condotta in modo malevolo e malvagio, di farla franca… anche perché la bontà del Padre non fa rima con “stupidità”… del Padre eterno ed ancora perché – se ricordate i versetti evangelici su riportati – non sappiamo come e quando il “padrone” tornerà e, quindi, se avremo il tempo di pentirci, chiedergli perdono, convertirci e venir da Lui salvati. O no?
Ecco che se il “premio” eterno, la nostra salvezza, è un “dono” gratuito della “misericordia” di Dio, non dobbiamo approfittarne giocando il rischiosissimo modo di vivere su richiamato, confidando nell’ultimo respiro prima di esalare lo Spirito: non sono il Padre eterno e men che meno colui che possa insegnare a Lui ad amministrare la Giustizia divina, ma quanto meno suggerirei un comportamento mirante ad agire sempre in buona fede, con i limiti di umana natura e con l’umiltà di rimetterci alla Sua infinità bontà.
CONCLUSIONE
E a proposito di vigilanza, non ritenete che valga la pena di rivalutarla, non per il timore di un giudizio di condanna – magari da qualcuno pensato già a priori, quasi come una predestinazione, indipendentemente dal nostro modo di comportarci – ma come segno di amore verso Colui che ci ricorda che per il Suo Amore verso di noi è sceso su questa terra, incarnandosi nella Vergine Maria, soffrendo e morendo in croce per riscattarci dalla morte eterna e garantirci una pace paradisiaca accanto e assieme a Lui, senza fine?
Concludo riportando un estratto delle parole, ben più dotte delle mie, di Papa Benedetto XVI, pronunziate nell’Angelus in Piazza San Pietro, domenica 13 novembre 2011 dove i concetti espressi sottolineano, con una indiscutibile eloquenza e in modo accorato ed esortativo, quanto ho umilmente cercato di sviluppare in questo blog. Ascoltate:
“Cari fratelli e sorelle!
La Parola di Dio di questa domenica – la penultima dell’anno liturgico – ci ammonisce circa la provvisorietà dell’esistenza terrena e ci invita a viverla come un pellegrinaggio, tenendo lo sguardo rivolto alla meta, a quel Dio che ci ha creato e, poiché ci ha fatto per sé (cfr S. Agostino, Conf. 1,1), è il nostro destino ultimo e il senso del nostro vivere. Passaggio obbligato per giungere a tale realtà definitiva è la morte, seguita dal giudizio finale. L’apostolo Paolo ricorda che “il giorno del Signore verrà come un ladro di notte” (1 Ts 5,2), cioè senza preavviso. La consapevolezza del ritorno glorioso del Signore Gesù ci sprona a vivere in un atteggiamento di vigilanza, attendendo la sua manifestazione nella costante memoria della sua prima venuta.
- Omissis –
Cari fratelli, accogliamo l’invito alla vigilanza, a cui più volte ci richiamano le Scritture! Essa è l’atteggiamento di chi sa che il Signore ritornerà e vorrà vedere in noi i frutti del suo amore. La carità è il bene fondamentale che nessuno può mancare di mettere a frutto e senza il quale ogni altro dono è vano (cfr 1 Cor 13,3). Se Gesù ci ha amato al punto da dare la sua vita per noi (cfr 1 Gv 3,16), come potremmo non amare Dio con tutto noi stessi e amarci di vero cuore gli uni gli altri? (cfr 1 Gv 4,11) Solo praticando la carità, anche noi potremo prendere parte alla gioia del nostro Signore. La Vergine Maria ci sia maestra di operosa e gioiosa vigilanza nel cammino verso l’incontro con Dio.”
Buon cammino di Quaresima, dunque, e che questo appello alla vigilanza non rimanga lettera morta ma virtù non obsoleta, superata, cosa d’altri tempi, bensì viva esortazione a non farci trovare “dormienti” ma pronti ad accogliere il datore della vita per condividere con Lui quel premio del cui valore inestimabile, spesso, distrattamente, ne dimentichiamo l’importanza estrema, cioè ultima.
Con affetto, vostro Antonio.
2 risposte
La “vigilanza” può riferirsi a diversi contesti, ma in generale si tratta di monitoraggio, sorveglianza o controllo attento su qualcosa. Può essere applicata in ambiti come la sicurezza, la supervisione di determinate attività o il controllo di un processo. Ad esempio, la vigilanza può riguardare la sorveglianza di un edificio, il monitoraggio di un sistema informatico per individuare attività sospette o la supervisione di un comportamento per garantire il rispetto delle regole o delle leggi. Ma lo Scrittore, che fa ricorso alla meditazione, disciplina poco conosciuta dai più, in modo discorsivo e silente è scivolato in un campo più complesso dove la parola “vigilanza” assume un valore più pregnante e, per questo, meno conosciuto. Si fa riferimento nella Sua esposizione ad una Parabola delle vergine avvedute e delle stolte. Non è tanto la storiella che le stolte arrivarono in ritardo alla porta del tempio per sposarsi e la trovarono chiusa. Questo perché non sono state “previdenti, accorte” come le spose avvedute. Vigilanza corrisponde a previdenza (praevidens) che si rifà a persona che prevede il verificarsi di una situazione sfavorevole, di bisogno, di pericolo e prevede per tempo a rifornirsi dell’occorrente per innalzare le difese del caso per limitare o annullare eventuali danni. Ma la Parabola trasforma il termine vigilare in quello di stare attenti di non gettare il nostro destino eterno nella spazzatura e fare la fine delle stolte. Ecco che Antonio ha voluto con la Sua proverbiale oculatezza e lungimiranza , avvertire il Suo pubblico di porre attenzione (il vigilare) sul nostro destino di uomini. Cioè alla fine della vita terrena e all’inizio di quella eterna. La parola “eterna” è ciò che si estende infinitamente nel tempo e non ha principio né fine. Se la nostra speranza è quella di avere una fine agiata senza sofferente eterna bisogna vigilare per non correre il rischio di viverne una eguale (eterna) ma nel dolore e sofferenza. Qui non si scappa. Allora ecco che con garbo ed in modo molto soft lo scritto parte dalla parola “vigilanza” per introdurci a “meditare” sulla nostra esistenza terrena per prepararci opportunamente al giusto Giudice e guadagnarci lo Sposo.
Grazie Antonio.
Caro Carlo, hai compreso appieno lo spirito del mio articolo. Non ho altro da aggiungere perché rischierei di ripetere ciò che tu hai espresso in modo inequivocabile. Spero che anche altri lettori abbiano colto analoga valenza e finalità di quanto da me redatto e da te sottolineato. Grazie per il tempo da te dedicato per questo commento. Con affetto sincero, Antonio.