Antonio Palmiero

La S. Pasqua e la Pasquetta: quali i simboli e il loro significato?

La S. Pasqua e la Pasquetta quali i simboli e il loro significato_AntonioPalmiero


Tradizione vuole che, dopo la S. Pasqua, il giorno successivo si celebri la “Pasquetta” o, come da calendario religioso, il “Lunedì dell’Angelo”, quello che comunemente viene festeggiato con le famose “gite fuori porta” spesso caratterizzate, tempo bello permettendo, anche da scampagnate con i relativi pic-nic (veri e propri pranzi all’aperto…).

 UN CENNO STORICO
La sostanziale differenza da ricordare tra la celebrazione della Pasqua ebraica (Pesah) e quella cristiana  (Domenica della Resurrezione) consiste nel fatto che mentre la prima è memoria della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto tramite la guida di Mosè, voluta da Jahvè (in ebraico: Yahweh; per i cristiani: Dio) che portò gli Ebrei attraverso il Mar Rosso, la seconda è la commemorazione della Risurrezione di Cristo dai morti, ovvero dal sepolcro dopo i tre giorni dalla Sua sepoltura.

 I SIMBOLI DELLA PASQUA
Non va dimenticato che la Pasqua cristiana, sulla quale vorrei soffermarmi pur con alcuni riferimenti a quella ebraica laddove esistenti, è preceduta dalla Quaresima, cioè i 40 giorni di cammino di purificazione e conversione alla quale è chiamato il cristiano cattolico – o meglio, tutti gli uomini che credono in Dio – che inizia con il mercoledì delle ceneri sino al triduo pasquale (il giovedì, il venerdì e il sabato santo) con i relativi riti liturgici che accompagnano tutto questo lungo periodo di attesa del giorno di Pasqua, la Domenica, cioè quella realtà salvifica di Gesù (infatti “Gesù” significa: “Colui che salva”) che con la Sua morte e Risurrezione ha sconfitto e redento l’umanità dal retaggio del peccato originale.

In sostanza, ci ha riscattati dalla morte eterna perché anche noi, a nostro tempo, quando il mondo cesserà di esistere, risorgeremo col nostro corpo che si riunirà all’anima, la quale, si staccò da noi nel momento della nostra morte terrena per presentarsi di fronte al tribunale di Dio Padre per essere giudicata. Questo, ovviamente, vale per chi crede e in questo fa un atto di fede. E per chi non crede? Beh, verificherà di persona a tempo debito…

Ma quali sono questi simboli della tradizione?  Eccoli:

L’uovo 
L’agnello
La colomba
L’ulivo
La campana
La croce
Il cero
Il coniglio


Prima di entrare nel merito, però, desidero anche precisare che nella numerologia biblica, i numeri assumono anche loro un significato simbolico. In particolare, il numero 40 ha il significato della “completezza”, della “compiutezza” e, spesso, è stato indicato per indicare un periodo di prova, di isolamento, di raccoglimento o di purificazione al quale normalmente seguiva un fatto pregnante e/o miracoloso (vedi quanto qui sotto riportato), un accoglimento di una richiesta, ecc.

Qui di seguito riporto alcuni di questi significati biblici in cui questo numero è presente:

  • Il 40 dà il nome alla Quaresima (periodo penitenziale di quaranta giorni in preparazione della Pasqua: si escludano le domeniche, Pasqua della settimana).
  • Il diluvio universale durò 40 giorni e 40 notti e Noè dovette attendere, poi, altri 40 giorni prima di sbarcare dall’arca.
  • Il cammino del popolo nel deserto durò 40 anni, dopo che Mosè li liberò dalla schiavitù del Faraone egiziano. 
  • Mosè trascorse 40 giorni sulla santa Montagna del Sinai – l’Oreb (o Horeb) – prima di ricevere le tavole dei Dieci Comandamenti.
  • Nell’Esodo si narra che quando il popolo ebreo giunse ai confini della terra promessa, Mosè mandò in avanscoperta alcuni esploratori che la percorsero per 40 giorni tornando poi all’accampamento con un grosso grappolo d’uva. 
  • Davide, dopo che il gigante Golia seminò terrore e distruzione in mezzo al popolo ebreo per 40 giorni, lo sconfisse armato della sola fionda.
  • Giona, dopo il tentativo di fuga dal volere di Jahvè, andò predicando la profezia divina che se la città non si fosse convertita sarebbe stata distrutta: “Ancora 40 giorni e Ninive sarà distrutta” (Giona 3,4).
  • Cristo stesso, dopo il battesimo nel Giordano ad opera di Giovanni Battista, per 40 giorni si ritirò nel deserto per prepararsi a combattere e vincere per noi le tentazioni di Satana. E si dice ancora, nel Vangelo di Matteo, che: “Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame” (Mt 4,2).
  • Gesù si mostrò ai discepoli 40 giorni dopo la sua risurrezione, prima di salire al Padre.


Ora, dopo questa premessa, proviamo a spiegare, sinteticamente, il significato proprio di quei simboli che il tempo, negli anni, e le abitudini più laiche, talvolta possono far dimenticare sia il senso che la loro l’origine.

 L’UOVO
Noi nasciamo grazie all’incontro tra uno spermatozoo e un ovulo: questo è ciò che la biologia umana ci insegna. Va da sé, quindi, che l’uovo rappresenti, simbolicamente, l’elemento universalmente riconosciuto della vita, al suo iniziare. Ma visto che dall’uovo (permettetemi questo accostamento che non vuole essere, ovviamente, “blasfemo”) a suo tempo uscirà il pulcino rompendo il guscio, non mi dispiace pensare che l’uovo rappresenti anche il sepolcro di Cristo e, come quando noi rompendo quello di cioccolato troviamo al suo interno la “sorpresa”, così la “sorpresa” per i soldati romani a guardia della tomba e per gli stessi Apostoli (increduli di quanto le donne comunicarono loro – tra l’altro anche dopo l’apparizione di Gesù agli Apostoli stessi – vedi Tommaso…) fu la Risurrezione di Cristo.

L’AGNELLO
L’agnello, differentemente, rappresenta il sacrificio compiuto da Gesù, il quale incarnandosi in Maria, si è fatto uomo come noi – all’infuori del peccato – e, pur essendo il Figlio di Dio, si è lasciato crocifiggere per la salvezza dell’umanità, come ricordato. Facendo un riferimento alla religione ebraica, dalla quale scaturirà quella cristiana (cioè seguaci di Cristo che, comunque, era ebreo, nato a Betlemme, vissuto a Nazareth e morto a Gerusalemme), il significato dell’agnello è legato all’episodio che precedette l’ultima piaga, il flagello con la morte dei primogeniti egiziani, al tempo del Faraone Ramses II (come concordano i più).
In sostanza Mosè ordinò ad ogni famiglia ebrea di uccidere un agnello e col suo sangue cospargere gli stipiti e l’architrave delle porte delle loro abitazioni affinchè l’Angelo sterminatore potesse riconoscere le loro famiglie e passare oltre (pesah, infatti, significa “passare oltre”) senza uccidere i figli primogeniti del popolo ebraico.


 LA COLOMBA
La colomba è stata sempre considerata un segno di Pace, anche per gli ebrei, ma è pure il simbolo dello Spirito santo. Nel Vangelo di Matteo, infatti, si dice: <<Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”>>. (Mt 3, 16-17).
E’ anche il classico regalo dolciario, assieme all’uovo di cioccolato, che ci si scambia per questa ricorrenza.

 L’ULIVO
Anche l’ulivo è un simbolo di Pace ma ha inoltre la caratteristica di ricordare, nel periodo pasquale, l’evento della Risurrezione: la domenica delle Palme, quella che apre la Settimana Santa e simboleggia l’entrata di Gesù in Gerusalemme al grido di “Osanna!” (che significa “salva!”). A onor del vero, nei quattro Vangeli, i tre sinottici (Mt 21, 1-11; Mc 11, 1-10; Lc 19,29-40) e quello di Giovanni (GV 12, 12-15) dell’ulivo non c’è traccia. SI parla, infatti di tre differenti tipi di alberi: quello della palma, simbolo della fede; quello del mirto, simbolo della preghiera innalzata al cielo, e quello del salice, evocativo del silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv 23, 40). Al centro, poi, ponevano anche l’etrog (una specie di cedro).

Forse il fatto che scendesse dal Monte degli Ulivi ha lecitamente fatto associare che utilizzassero queste fronde. Nel Salmo davidico 92,13 la palma è chiamata a rappresentare i giusti (“Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano”) nonché la statura della donna (Cantico dei Cantici 7,8: “Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia. Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano, vieni!”). Quindi diversi i significati attribuiti. Un’ultima considerazione la si può dedurre in Genesi 8, 11: “… e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra”, segno del perdono di Dio verso gli uomini, dopo il diluvio universale.

 LA CAMPANA
Da sempre le campane hanno scandito, nel vero senso della parola, la giornata degli uomini suonando durante le varie ore del giorno scadenzando i ritmi del lavoro, del riposo, dei fatti tristi (morte delle persone) o suonate a festa o, ancora, come allarme per un pericolo… Anche nella Settimana Santa, in particolare il Venerdì Santo, le campane rintoccano a lutto, alle ore 3 del pomeriggio, in ricordo della morte di Gesù in croce, come si legge in Mt 26, 46-50: <<Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” … E Gesù, emesso un alto grido, spirò>> così come, nella domenica di Pasqua, suonano a festa per celebrare la Risurrezione di Cristo.


 LA CROCE
Beh, su questo simbolo, si potrebbe scrivere una enciclopedia… Simbolo del cristiano (non si dice forse e si fa il “segno della croce” prima di pregare e come segno distintivo e caratterizzante del cristiano, cioè del seguace di Cristo?) nella storia dell’Impero Romano, era uno strumento di tortura e di condanna a morte per molti oppositori non romani (mentre per questi ultimi era prevista la decapitazione, quale pena di morte). Per il credente la morte in croce di Gesù è diventata il simbolo della propria fede, l’elemento di “congiunzione” tra la terra (nella quale il palo verticale era infisso) e il Cielo verso cui si ergeva. Per completezza, la trave orizzontale (il “patibulum”) rappresenta la comunione tra gli uomini, coincidente con le braccia allargate ed inchiodate del Salvatore, segno di voler abbracciare l’intera umanità da Lui riscattata con quella drammatica fine terrena. E’ ovviamente anche simbolo di sofferenza e di dolore, ma anche simbolo e via di salvezza per la vita eterna.

Esiste anche la “Festa della Esaltazione della Croce” – riporto da Wikipedia – festività ricorrente il 14 settembre in ricordo del ritrovamento della vera croce di Gesù da parte di sant’Elena, avvenuto, secondo una tradizione, il 14 settembre del 327 

e sempre dalla stessa fonte si dice che:

L’Esaltazione della Santa Croce è una festività della Chiesa cattolica, della Chiesa ortodossa e di altre confessioni cristiane. In essa si commemora la crocifissione di Gesù con il particolare obiettivo di sottolineare la centralità del mistero della croce nella teologia cristianaIl termine “esaltazione”, in uso sin dal VI secolo per indicare questo rito, è da intendersi sia come «innalzamento» sia come «ostensione». Il termine nasce dal rito che prevedeva l’innalzamento di una croce e la sua ostensione ai fedeli, in ricordo dell’innalzamento di Gesù Cristo sulla Croce e dell’ostensione del suo corpo sacrificale”.

IL CERO
Il cero ha una enorme importanza simbolica in quanto rappresenta la vittoria della luce sulle tenebre, la vittoria di Cristo sulla morte eterna, del bene sul male, inteso come il Maligno.  E’ via luminosa e illuminata che accompagna il peccatore fuori dal buio del suo peccato e gli indica la via della salvezza operata da Cristo con la Sua morte e Risurrezione. Nel rito liturgico, all’inizio della celebrazione della veglia pasquale, il sacerdote benedice il fuoco che ha acceso e a questo braciere attinge il fuoco che accenderà il cero pasquale.

 IL CONIGLIO
Il coniglio? Non sarà un errore di stampa? Forse volevo scrivere “consiglio” e mi son perso una “s”? No, no, è proprio lui, ma non è Roger Rabbit… o meglio non è la riproduzione del noto film di animazione, ma una tradizione più presente nel mondo anglosassone, dal Regno Unito agli Stati Uniti d’America, presente comunque anche nella religione cristiana dove, prima la lepre e poi il coniglio bianco, sono diventati simbolo di prolificità (da prole, sempre meno presente in Italia, con la nota denatalità…) e rinnovamento riferito al cambio di livrea durante le differenti stagioni, da quella calda a quella fredda.

Una nota golosa: la rappresentazione dei simboli su citati è spesso tradotta in arte pasticciera con le colombe, da quelle tradizionali con la glassa, lo zucchero a pezzetti e le mandorle, a quelle farcite di cioccolato, frutta, creme, ecc.; dalle campane ai conigli di cioccolato i quali non possono sfuggire all’azione “venatoria” dei piccoli (ma anche dei grandi…) e in ultimo, ma forse al primo posto tra le golosità pasquali, il famoso “uovo di Pasqua” di tutte le dimensioni, con la sua immancabile “sorpresa” (oh, non è che esca Gesù da lì…) anche se, talvolta, deludente in rapporto alle dimensioni di queste uova.

In ultimo, dal punto di vista della festività pasquale, la cosiddetta “Pasquetta”. Di cosa si tratta? Andiamo a leggere.

 PASQUETTA
La “Pasquetta” o chiamata più propriamente “Lunedì dell’Angelo” celebra il ricordo dell’annunciazione dell’Angelo, un Cherubino. (Nota: in ordine decrescente di potenza, gli Angeli vengono classificati in gerarchie. In dettaglio, alla Prima gerarchia appartengono: Serafini, Cherubini, Troni. Alla Seconda gerarchia: Dominazioni, Virtù, Potestà) che annunciò davanti al sepolcro la Resurrezione di Gesù Cristo – vero Uomo, vero Dio. Nel Vangelo di Luca (Lc 24, 1-12), infatti, si legge:

<<Ma il primo giorno della settimana, la mattina prestissimo, esse si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano preparati. E trovarono che la pietra era stata rotolata dal sepolcro. Ma quando entrarono non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre se ne stavano perplesse di questo fatto, ecco che apparvero davanti a loro due uomini in vesti risplendenti; tutte impaurite, chinarono il viso a terra; ma quelli dissero loro: “Perché cercate il vivente tra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato; ricordate come egli vi parlò quand’era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio dell’uomo doveva essere dato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifisso, e il terzo giorno risuscitare”. Esse si ricordarono delle sue parole>>.

UNA CURIOSITA’
Differentemente dal Natale, la Pasqua non cade sempre nella stessa data ma, per decisione ecclesiale, viene stabilita nella domenica successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio di primavera tra il mese di marzo e quello di aprile.

E’ tradizione definirla “bassa” se cade tra il 22 marzo e il 2 aprile “alta” se cade tra il 14 e il 25 aprile E quella di quest’anno 2023?  Viene definita “Media” perché cade tra il 3 e il 13 aprile (esattamente, quest’anno, domenica 9 aprile e Pasquetta, di conseguenza, lunedì 10 aprile).

LA SETTIMANA SANTA
Per concludere e per completezza redazionale, non posso esimermi dal ricordare la settimana più importante per il cristiano: la Settimana Santa. In particolare, questo il senso del Triduo Pasquale:


Giovedì: si fa memoria dell’Ultima Cena in cui Gesù annuncia che sarebbe stato tradito da uno degli Apostoli (Giuda Iscariota), arrestato e messo a morte:<<Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: “In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà”>> (Mt 26, 20-21) e <<Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?”. Gli rispose: “Tu l’hai detto”>>.  In questa stessa circostanza Gesù lavò i piedi ai suoi Apostoli, in segno di umiltà (il noto rito della “Lavanda dei Piedi“). Dal Vangelo di Giovanni:<<Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto>> (Gv 13,5).

Venerdì: in questo giorno si fa memoria della Passione e morte di Cristo (che significa l’“Unto”, il “Consacrato”) sulla Croce. I cristiani celebrano questa memoria ripercorrendo la Via Crucis (la “Via della Croce”), un percorso attraverso il quale vengono rivissuti, nelle 14 Stazioni, gli ultimi momenti che Gesù visse prima di essere crocifisso e morire sul Golgota (detto anche “luogo del Cranio”). Di recente si è proposto di aggiungerne una 15a, quella dedicata alla Resurrezione di Cristo e, personalmente, ne sono assolutamente favorevole.

Sabato: è il momento dello smarrimento: Cristo è morto e sepolto. Le speranze in Lui, quel salvatore che avrebbe dovuto salvare il popolo ebraico dalla oppressione romana, sembrano svanite, così come si legge in Lc 24,21: <<Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute>>, relativamente all’incontro tra Gesù e i discepoli di Emmaus dopo la Sua RisurrezioneGli Apostoli fuggono e solo Giovanni, tra di loro, rimane sotto la Croce con la Maria, come ci ricorda il Vangelo di Giovanni:<<Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa>>.

Domenica: è il giorno tanto atteso: la Pasqua di Risurrezione. Dal Vangelo di Giovanni:<<Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. “Ecco, io ve l’ho detto”>>.

Vorrei concludere con queste parole tratte dall’articolo “Con Gesù verso la Croce e la Pasqua” di don Primo Gironi, ssp, biblista, circa quanto dice San Gregorio Nazianzeno:

“Se sei Simone di Cirene prendi la croce e segui Cristo. Se sei il ladro e se sarai appeso alla croce, se cioè sarai punito, fa’ come il buon ladrone, entra con Gesù in Paradiso. Se sei Giuseppe d’Arimatea, richiedi anche tu il suo corpo e renditi così partecipe della salvezza del mondo. Se sei Nicodemo, seppellisci e ungi il suo corpo, cioè circondalo della tua adorazione. E se tu sei una delle Marie, piangi al sepolcro, guarda per prima la pietra rovesciata e va incontro al Risorto”.

Che ne dite come conclusione?

Mi fermo qui perché questa è e vuol essere una Newsletter, non un trattato di teologia, ma non potevo non augurarvi diversamente una S. Pasqua di Risurrezione senza, almeno, ripercorrere assieme a voi, il più sinteticamente possibile, la storia, i simboli e il significato che questa festa ha per i credenti: mi auspico di non aver turbato la sensibilità di nessuno ma anche di aver risvegliato in voi il desiderio di non ridurre questo giorno ad un altro, solo e semplice banchetto…

Buona S. Pasqua a tutti!

Con affetto, Antonio.

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