INTRODUZIONE
Partirei dicendo che cosa non è un “diario spirituale”: non è una “autobiografia” “la quale è una riflessione posteriore e ordinata della propria vita” come definitada “Cathopedia” – enciclopedia cattolica online – che riprenderemo più avanti nel prosieguo di questo articolo.
Non è nemmeno una “pizza” barbosa di qualche personaggio solitario che non sapeva come passare la giornata né un susseguirsi di eventi quotidiani, banali, monotoni e ripetitivi del tipo: mi son svegliato, mi son lavato, ho fatto colazione, sono andato a scuola, ecc. ecc. e nemmeno la raccolta dei racconti “rosa” degli/delle adolescenti e dei loro primi amori, scritti e corredati da tanti cuoricini…
Ma allora cos’è?
Per dare una risposta, ho redatto un libro intitolato proprio: “Diario Spirituale – Non di un eremita, di un mistico o di un Santo, ma di un uomo come te…– ” dal quale riporto parte della sua Premessa e del suo capitolo introduttivo “Il Diario”. Credo valga la pena di ritagliarsi uno spazio per una riflessione, un approfondimento introspettivo che meglio possa connotare questo genere letterario ma, soprattutto, farci prendere coscienza sul nostro modo di porgerci verso noi stessi e verso il mondo che ci circonda, analizzando il nostro modo di vivere, sempre così di fretta, sempre con così poco tempo da dedicarci.
DAL LIBRO “DIARIO SPIRITUALE” di Antonio Palmiero
<<Che nel XXI secolo ci si debba ancora porre domande di natura spirituale, magari moraleggianti, o sul senso della vita, penso potrebbe essere sin desueto, così come l’uso di certi termini definiti, soprattutto dai giovani, “old” – “vecchi” – e, con un termine più “dotto”, “arcaici”, cioè ormai superati, poco in uso nel gergo attuale, sempre più assimilato ad uno “slang”, in dialoghi sempre più “didascalici”, in una cultura sempre più… “liquida”.
Su questo aspetto, più di una volta, ho potuto constatare quanto il livello di conoscenza, quella che una volta veniva definita “cultura generale”, sembra andare sempre più scemando, diminuendo di livello quali/quantitativo rispetto alla mia e/o precedente generazione.
Qualitativamente, nel senso che giovani diplomati e/o laureati non conoscono, o sempre meno, aspetti basilari della nostra cultura, delle nostre origini socio-politiche, storiche, geografiche e, quantitativamente, il numero di nozioni collegate a queste materie.
Presunzione? No, constatazione. Avete mai seguito quelle trasmissioni televisive a premi nelle quali bisogna conoscere un po’ di tutto, senza essere dei “tuttologi”, ma con un minimo di cultura scolastica di base? Ebbene, se sentissimo rispondere da questi studenti e/o da giovani con un titolo di studio di grado superiore, laurea compresa, che, ad esempio, Otranto si trovasse in Canada? Beh, ci farebbe un po’ sorridere… (o “piangere”…), ma non ridete troppo perché ad una trasmissione a quiz (“L’Eredità” condotta dal fu Fabrizio Frizzi) alla domanda circa una città del Canada che iniziasse per “O” (Ottawa, la capitale) fu risposto “Otranto”, come detto…
Ma, dimenticavo, l’obiezione che mi son sentito sollevare per questo specifico caso, più frequentemente, è stata: “Tanto, anche se non me lo ricordo (o non lo so?) c’è Google Map…”. E così per ogni altra questione (tipo, quando è scoppiata la Rivoluzione francese o, grammaticalmente, quale sia l’unica parola che si scrive con due “q” …) c’è sempre Prof. Google, dalla memoria alla Pico della Mirandola (e chi è? Consulta Google…). Poi sanno tutto sulle canzonette… Forse chi scrive ce l’ha con i giovani? Mai più, credetemi, essendo padre di due giovani, oggi trentenni.
Ma cosa c’entra tutto questo con il “Diario spirituale”? Sì, apparentemente, sono andato “fuori tema”, come ci dicevano i nostri vecchi insegnanti di “Italiano” o “Lettere”, ma credo che un nesso logico ci sia, basta cercarlo e, in particolare, credo sia da ricercarsi proprio nella superficialità del nostro vivere, un modo/mondo globalizzato, dal pensiero unico, impostoci dalla società contemporanea, una società consumistica che, al vero, ha smesso anche di consumare con evidenti conseguenze pure in campo economico.
Dunque?
Dunque penso che in ognuno di noi, di fronte alle contraddizioni di questa società, così come quelle di un tempo, alla volatilità dei valori umani, al progressivo disintegrarsi dei rapporti sociali, sia forte il desiderio di fermarsi e riflettere, nonché dire la nostra. Dobbiamo scendere da questo mondo proiettato a velocità folle verso la propria autodistruzione, consapevole di questo, ma incapace di fermarsi, ormai vittima di sé stesso, di quella mentalità esasperata dettata da un profitto a tutti i costi che, a proposito di costi, ci sta già presentando il conto che faremo pagare alle prossime generazioni, ma che, temo, non saranno in grado di sostenere.
E allora?
E allora fermiamoci un attimo, ripeto, e meditiamo su che senso abbia vivere così, senza avere la pretesa di cambiare il mondo (da soli siamo impotenti), ma almeno cercando di pensare se ce ne sia un altro migliore da poter proporre, senza dover andare su Marte, e cosa ci dice la nostra coscienza nel rapporto con i nostri simili e con Chi, questo mondo, lo ha creato >>.
Incominciate ad avere le idee un po’ più chiare su questo tema? Bene, allora nel paragrafo che segue andremo a chiarircele del tutto, con un pizzico di presunzione, ma con la consapevolezza che se siete giunti sino a questo punto, un certo interesse, questo argomento e la sua redazione, deve averlo suscitato. O no?
IL DIARIO
<< Innanzitutto, lo confesso, prima di iniziare a buttarmi in questa nuova avventura letteraria, sono andato anch’io su Google per rendermi conto se c’era già qualcosa in merito all’argomento e… sono rimasto sbalordito di quanti “diari spirituali” già esistano, siano stati scritti e vengano venduti.
La cosa, un po’, mi ha demoralizzato, nel senso che pensavo di essere originale in un’epoca così materialistica come quella in cui viviamo, ma non scoraggiato al punto di farmi desistere dal redigere il mio “Diario spirituale”.
Demoralizzato da un lato, ma entusiasmato dall’altro perché se autori molto più autorevoli di me hanno dedicato tempo ed energie per redigere testi su questo genere letterario, allora significa che comunque un interesse, magari recondito, esiste nonostante viviamo nel secolo della tecnologia digitale più totalizzante e distraente.
Quindi? Voglia di protagonismo?
Oh, no di certo, anche perché una cosa ho sempre pensato e son riuscito a realizzare nella mia vita: fare quello che mi piaceva maggiormente, dal lavoro agli hobby, ovviamente lottando per realizzare questi sogni che avevo in pectore e/o per evitare che qualcuno me lo impedisse. In pratica ho sempre avuto in mente di perseguire ciò che nel mio animo andava, via via, delineandosi durante le varie fasi della crescita. Non dico di esserci sempre riuscito al cento per cento, ma in buona parte sì.
Nella mia vita professionale ho percorso gli anni del lavoro partendo da dipendente pubblico sino a diventare un piccolo imprenditore: questo solo per dirvi che ho sempre cercato di realizzare ciò che preferivo senza mai farmi limitare dalle situazioni o condizionare dal pensiero degli altri. A volte con esito positivo, altre meno, ma sempre con la soddisfazione di aver fatto ciò che mi piaceva. Così come nello scrivere. E non è escluso che, a tal proposito, non rediga un libro proprio sulla mia storia professionale, una “autobiografia professionale”. Ma per ora concentriamoci su questo testo.
Vedete, in realtà e grazie a Dio, non devo vivere dei proventi che mai dovessero provenirmi dalla vendita di questi testi, motivo per cui sono libero da contratti con case editrici e da vincoli di qualsiasi natura se non da quelli della mia coscienza, cioè da quei condizionamenti, qui sì, di natura morale che mi hanno spinto a vergare questi fogli. Ed essere liberi di dire ciò che si sente e si pensa non è poco, soprattutto se pensiamo a quanti limiti della libertà espressiva esistono, ancor oggi, in molti paesi che si definiscono “avanzati” (a mio parere, molto spesso nel senso non tanto di essere “avanti”, ma essere degli “avanzi”, dei “residui”, delle “rimanenze”, degli “scarti” rispetto a quello che dovrebbero essere circa il tutelare un’autentica libertà di pensiero…).
Sempre senza offendere nessuno, magari rischiando di sollecitare la suscettibilità di qualcuno che la pensi in modo differente, ma non è forse qui la bellezza del libero confronto e del libero scambio di idee, sempre nel rispetto dei valori altrui, anche se non condivisi? Ma cos’è un “Diario spirituale”?
Nella sua definizione tratta da “Cathopedia” – enciclopedia cattolica online – riporto integralmente:
“Il Diario spirituale è un genere letterario della spiritualità. La storia della spiritualità cristiana ne conosce molti pregevoli esempi. I Diari dei santi riflettono l’autentica vita interiore di persone pervase dalla grazia e sinceramente desiderose di conseguire la perfezione della carità evangelica. Il Diario come strumento di crescita personale. In un Diario spirituale si annota la vita dello spirito, con le reazioni giornaliere: incertezze, dubbi, propositi. Il Diario si scrive giorno per giorno, e differisce dall’autobiografia, la quale è una riflessione posteriore e ordinata della propria vita. In genere la composizione del diario spirituale aiuta una persona che è agli inizi della vita spirituale, perché la scrittura del Diario stimola ad una riflessione sistematica sul proprio vissuto, senza divagazioni e perdite di tempo. A volte tale pratica diviene il sostitutivo o un integrativo della meditazione o dell’esame di coscienza. È quindi un grande aiuto anche per la guida spirituale che segue la persona che compone il diario. La scrittura di un Diario rappresenta però anche un certo pericolo. Il Diario può generare nel compositore, al quale è stato richiesto di redigere il diario, un senso di vanità, di autocompiacimento; egli può anche arrivare a distorcere i fatti, dal momento che è cosciente che altri lo leggeranno. Scrivere un diario spirituale, quindi, deve rispondere a un vero bisogno dell’anima, per l’utilità dello scrivente o come aiuto alla sua guida spirituale. La scrittura di un Diario potrà essere utile per chiarire uno stato interiore che non si riesce ad esprimere a voce, o per superare un certo periodo critico, ed anche per obbligarsi ad uno sforzo di lavorio su sé stessi.”
Bene. Credo che sia abbastanza chiaro, ora, cosa sia questo genere letterario sottolineando le motivazioni che possono spingere una persona, non necessariamente un “religioso”, a esprimere, nero su bianco, ciò che sente nella sua anima per un proprio bisogno o come aiuto ad una propria guida spirituale.
Volete essere le mie “guide spirituali”? Se sì, non mi occorre altro che aprire il mio cuore a voi e “ascoltare” i vostri pareri su quanto andrò a raccontare sui diversi temi, in ordine sparso, che hanno sempre interrogato il mio animo e, spero, continuino a farlo, il più a lungo possibile… >>.
<<Oggi come oggi, in un mondo assai materialista, il solo parlare di spiritualità può far arricciare il naso sino a quando non si arriva nel bel “mezzo del cammin di nostra vita…” ed oltre, e ci ritroviamo no, non nella selva oscura di dantesca memoria, ma nella oscurità della nostra vita. Non è e non vuol essere un gioco di parole, bensì una riflessione sulla caducità della nostra esistenza e sul modo in cui la stiamo vivendo o… sprecando>>.
CONCLUSIONE
Buona riflessione, dunque, e provate anche voi a fare questo esercizio. Riuscire ad esprimere ciò che sentite dentro di voi è un’operazione che potrà solo farvi del bene e metterlo nero su bianco vi consentirà di poter prendere maggior consapevolezza del vostro modo di essere e di pensare.
Con affetto, vostro Antonio.