PREMESSA
Ho volutamente usato il termine “ultraterreno” e non “aldilà” per indicare qualcosa che va oltre la realtà terrena, appunto, ma senza voler sollecitare l’associazione al binomio “aldilà-morte”, come se la relazione con l’ultraterreno fosse solo appannaggio di chi trapassa e non già anche di chi vive la propria esitenza su questa terra e durante la stessa.

ANALISI
Su questo tema esistono due posizioni molto chiare, dubbiosi a parte: o esiste o non esite una realtà soprannaturale o ultraterrena. Situazioni intermedie non sono previste.
Nella nostra vita, spesso, troppo spesso, ci dimentichiamo che non siamo eterni e la prospettiva non ci entusiasma. Esiste però un continuo interrogarci sull’esistenza di una qualcosa di soprannaturale che ci supera già su questa terra.
In che senso?
Nel senso che, nel quotidiano vivere, fatti ed avvenimenti particolari costellano la nostra esistenza, episodi che, frequentemente, hanno una difficile spiegazione a livello razionale, motivo per cui ci si interroga sulle modalità dell’accaduto.
Ed è qui che subentra la domanda su ciò che ricade sotto i nostri sensi e ciò che li supera, li trascende e ci lascia anche sgomenti: ma da chi o da cosa sono generati? La diatriba tra chi crede in un intervento Divino e chi giustifica tutto come solo frutto della casualità è aperta…
NOTA: non vi nascondo che mi farebbe piacere poter leggere la testimonianza di qualche lettore il quale potrebbe raccontare una propria esperienza che difficilmente sia riuscito a spiegarsi (a tal proposito vi ricordo il libro da me redatto dal titolo: <<Solo casualità o “Progetto”? – Accadimenti particolari in una comune esistenza>>) per le particolari circostanze e modalità in cui si è concretizzata (se lo riterrà, potrà scriverla nello spazio a ciò dedicato al termine del blog) se lo vorrà rendere di pubblico dominio.

Molti di noi vivono la propria realtà umana guidati dal motto: “Se non vedo o non tocco, non credo” che agli appassionati di religione richiama molto un certo San Tommaso apostolo, del quale è proverbiale l’affermazione: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò» (Gv 20,25) per poi, otto giorni dopo, doversi esprimere così, in un breve ma toccante dialogo con Gesù:
“Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!»” (Gv 20, 26-29).
Perdonatemi il riferimento evangelico, ma penso che sia l’insegnamento per antonomasia a chi non crede se non a ciò che accade e vede in sua presenza. Riflettiamo un attimo sulla, perdonatemi ancora e col massimo rispetto, insulsaggine di una tale posizione: “se non vedo non credo”!
Tradotto: tutto ciò che è successo nella storia del mondo, nei luoghi e nei tempi diversi, anche contemporanei al nostro “incredulo”, di fatto non sono né veri né, tantomeno, esistiti visto che lui non è stato presente! Penso non occorra dare spiegazioni su una posizione di questa natura che definire miope è un eufemismo. Siete d’accordo?

Quanti di noi, e qui è un altro assurdo se non ideologicamente giustificato, affermano che Gesù Cristo non è nato, quindi non è vissuto, morto e risorto perché… perché non l’hanno mai visto e non ci sono foto (magari un selfie con la Madonna mentre era in braccio a Lei – il Signore mi perdoni, non vuol essere una mancanza di rispetto… -) o un video della Sua fustigazione o della Via Crucis o, ancora, della Sua morte sulla Croce e della sua Risurrezione con il rotolamento della pietra che occludeva il Santo Sepolcro…
Però crediamo a Napoleone o a Nerone o a mille personaggi storici, pur non avendoli mai visti né fotografati… ma accettiamo le documentazioni e i reperti che archeologi, storici, ecc. hanno prodotto, mentre neghiamo la veridicità di tutto ciò che riguarda il sacro in generale, Gesù Cristo in primis, vedi il negare aprioristicamente la autenticità del telo sindonico, cioè della Sacra Sindone, nonostante una copiosa quantità di studi e prove scientifiche favorevoli in tal senso.

Perché questo diverso atteggiamento?
Penso che la risposta sia solo una: credere nell’esistenza di Gesù Cristo e, quindi, nella realtà spirituale della SS. Trinità (Padre – Dio – / Figlio – Gesù Cristo / Spirito Santo – il Suo Amore) implica un aderire al Suo comandamento, quello dell’amore e cioè – in sintesi – “Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso” – e ciò comporta un “condizionamento” del nostro modo di agire che va, spesso, in direzione diametralmente opposta perchè limitante la nostra libertà e “fastidioso” sotto il profilo morale. Credere in Napoleone, invece, non ci sposta di una virgola il nostro modus operandi. O sbaglio?
Da questa forma mentis deriva frequentemente la nostra incapacità e la nostra difficoltà a riconoscere, in determinate situazioni, e poi accettare come qualcosa che ci trascende, accadimenti che non riusciamo a spiegare col nostro intelletto. La scienza ci insegna che talvolta occorre avere l’umiltà di affermare che non siamo in grado di spiegare certi fenomeni scientifici che si verificano sotto i nostri occhi ma senza capirne le modalità. Non per questo, però, non esistono. Sarebbe, ancora, come quel cieco che, per sua disgrazia, non vedendo chi è presente in una stanza, ne negasse la presenza stessa.
Se poi non riusciamo a trovare una giustificazione, allora il “corner” prediletto di chi non accetta il soprannaturale è: “sarà stato un caso…; che fortuna…; mah… non saprei” ecc. tutte espressioni incapaci di dimostrare quel fatto, quell’episodio “strano” ma che la nostra preconcetta ed aprioristica posizione prevenuta non ci consente di accogliere come qualcosa di razionalmente inspiegabile, e di conseguenza, proprio per questo, da accettare come soprannaturale, cioè che va “al di sopra” della nostra natura.
Giusto per sgombrare il campo da definizioni non corrette, questa è quella che riporta il dizionario Oxford Languages:
Soprannaturale aggettivo:
- Che trascende i limiti dell’esperienza e della conoscenza umana: fenomeni s.; iperb., straordinario.”è dotato di una forza s.”
- Nel linguaggio teologico, di quanto appartiene a un ordine superiore e trascendente, identificabile soprattutto nella sfera del divino in confronto o in rapporto con l’umano: aiuto s.; il fine dell’uomo è la felicità soprannaturale (Segneri); come s.m. con valore neutro, l’entità che trascende le forze e le leggi della natura, “credere nel s.”
Chiaro il concetto?
Laicamente, dovremmo almeno accogliere la def. 1: “Che trascende i limiti dell’esperienza e della conoscenza umana”.
Religiosamente, la def. 2: “Nel linguaggio teologico, di quanto appartiene a un ordine superiore e trascendente, identificabile soprattutto nella sfera del divino in confronto o in rapporto con l’umano”.
Diceva qualcuno “un po’ più bravo” di me – Dante Alighieri – nella sua celebre terzina “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” è la sintesi del profondo pensiero di Dante, che considerava la ricerca e il conseguimento delle virtù e della conoscenza, cioè del sapere trascendente, la vera ragione dell’esistenza umana (Da Wikipedia).
Dunque a quale conclusione vogliamo pervenire? Esiste o non esiste l’ultraterreno o sovrannaturale o tutto è frutto solo di coincidenze e casualità?
Permettetemi di raccontarvi un breve episodio da me redatto nel libro che ho su accennato (e che raccoglie anche un’altra serie di fatti, sia personali che riferitimi, circa quegli episodi “strani” – passatemi il termine – accaduti a me e a chi per me) ed estratto dal Capitolo 2 – L’immaginetta.
Poi mi farebbe piacere leggere la vostra opinione.
Per sintesi e per permettervi di meglio comprendere il racconto realmente accadutomi, che qui riporto comunque in buona parte, devo precisare, per chi non mi conoscesse, che sono particolarmente devoto al mio Santo protettore – Sant’Antonio di Padova – e che quanto mi accadde fu relativo al mio nuovo lavoro di informatore medico-scientifico (all’epoca avevo circa 23 anni…).
State a sentire.

“…Mentre, entusiasta, guidavo, fui testimone oculare di un tamponamento tra due auto che, grazie a Dio, non generò alcuna conseguenza fisica né per loro, né per le altre auto che seguivano. Fu un attimo, ma sufficiente per farmi riflettere su un aspetto sul quale, sino ad allora, la mia attenzione non era mai stata richiamata. Da quel giorno in poi, infatti, il mio nuovo lavoro mi avrebbe portato a stare sulla strada più frequentemente di prima e quindi, almeno statisticamente, maggiormente esposto a possibili incidenti stradali.
Avvinto da questi pensieri, sentii il desiderio di affidarmi alla protezione di S. Antonio, del quale porto il nome e a cui ero e sono molto devoto. Tra le varie riviste religiose che regolarmente entravano in casa mia, quella del Santo di Padova, non poteva mancare. Scoprii che esisteva anche una preghiera specifica per la protezione dell’autista, riportata su un’immaginetta di S. Antonio, argentata e adesiva. Decisi di richiederla per poterla apporre, incollare, sul cruscotto della mia auto.
La preghiera recitava così:


<<Preghiera dell’Autista:
O Signore, fa che io usi della macchina per il mio bene e quello del prossimo. Donami un occhio sempre vigile per evitare i pericoli che si incontrano sulla strada. Proteggimi sempre in tutti i miei viaggi e con me tutti quelli che mi accompagnano. La tua divina grazia sia sempre in me e in tutti i miei cari. Amen>>.
Ogni mio tentativo, però, fu vano: né tramite la rivista “Il Messaggero di Sant’Antonio”, né tramite la “Voce dell’Orfano” giornale portavoce delle Opere Antoniane della Congregazione dei Padri Rogazionisti che sostengono i minori più bisognosi, né recandomi nella chiesa dedicata al Santo in Carlo Farini, a Milano, e neppure andando di persona alla Basilica del Santo di Padova, riuscii ad entrare in possesso di detta immaginetta.
Non che ne fossi dispiaciuto o, peggio, rammaricato perché, riconoscendo a detta preghiera e relativa immagine, poteri… magici o scaramantici dai quali avrei tratto protezione e benefici, non riuscendo a recuperarla, sarei rimasto “scoperto” da detta “difesa”: non sono superstizioso e non era questo il senso per il quale tanto ci tenevo a trovarla… Era piuttosto un aspetto devozionale e di fede al quale volevo dare corpo con la presenza visibile di questo oggetto di venerazione cristiana: oggetto devozionale, quindi, non amuleto!
Mi capitò, una mattina, di incamminarmi lungo un viale vicino a Piazzale Loreto, per la precisione, Viale Abruzzi, a Milano. Come dicevo, erano i primi giorni di questo nuovo lavoro e cercavo l’indirizzo di un medico di base (il vecchio “medico della mutua”) che si trovava sul lato opposto dello stesso viale. Mentre camminavo assorto nei miei pensieri, su come avrei dovuto presentare i “miei” prodotti, lo sguardo mi cadde su una Mini Minor, già allora, negli anni ottanta, non più nuovissima come modello, se non ricordo male.
Era posteggiata in contromano, secondo il senso di marcia, anche se correttamente a fianco del marciapiede e non in doppia fila. Sul parabrezza vidi l’“oggetto del desiderio”: quella, ormai, famosa immaginetta era incollata sul lato esterno del vetro. Vi confesso che il desiderio di rimuoverla fu tanto, ma altrettanto forte fu il senso di rispetto per l’immagine sacra e per il proprietario di quell’auto. Del resto se l’aveva applicata, incollata sulla sua macchina, significava che, come me, ci credeva e ci teneva: sarebbe stato fargli un grave torto il sottrargliela e, in coscienza, comunque un “furto”.
Non credo che avrebbe fatto piacere al Santo un’azione di quel genere… Ripresi a camminare tirando un sospiro di frustrazione e tra me, mentalmente, dissi:
– Sant’Antonio, ma allora non mi vuoi bene! Ti sto cercando da così tanto tempo e non riesco a trovarti! Ti ho fatto, forse, qualcosa?
E con quel pensiero ripresi il passo verso il mio primo cliente di quella giornata. Dopo non molti metri raggiunsi il semaforo per attraversare: era, ed è tuttora, un viale molto trafficato e pericoloso. Attesi il verde per i pedoni e girai la tesata verso sinistra (la carreggiata si presenta con due sensi di marcia: uno a “salire” verso Piazzale Loreto, ed uno a “scendere”, divisi da uno spartitraffico).
In quel preciso istante, all’altezza dei miei occhi, lì appiccicata per un lembo, c’era l’immaginetta di Sant’Antonio da me tanto cercata! Inutile dire che rimasi scioccato! Ciò che mi colpì fu, inoltre, il fatto che era attaccata al palo del semaforo solo per un lembo in modo tale che riuscii agevolmente a rimuoverla.
Decisi di non applicarla sul parabrezza o sul cruscotto interno, ma di piegarla in due, dalla parte autoadesiva, e tenerla nel portafogli con me: era stato troppo “strano” il modo in cui la trovai che non intendevo separarmene (cosa che sarebbe avvenuta all’atto della sostituzione dell’automobile aziendale se l’avessi lì appiccicata).
Mentre sto scrivendo ce l’ho qui davanti a me, affianco del computer, che mi guarda e sembra, il Santo, volermi dire:
– Uomo di poca fede, pensavi non ti ascoltassi? È solo il perseverante cercare e la costanza nella preghiera che consentono il realizzarsi di queste cose che, probabilmente, non avresti mai ritenuto possibile si verificassero!
Era proprio così! Chi avrebbe mai pensato di trovarla in quel modo? Ora, senza voler caricare l’episodio appena raccontato di una valenza superiore al fatto in sé né attribuirgli risvolti miracolistici o trascendenti, è certo che per me fu una risposta a quella domanda che posi, quasi inconsciamente, al mio Santo protettore.
Io l’ho interpretata così, qualcun altro potrà attribuirlo al caso: liberissimo, ma per me l’immediatezza dell’evento, non lascia molti margini di manovra alla casualità”.
CONCLUSIONE
Quando scrissi quanto accadutomi ero giovane, poco più che ventenne, e il rapporto con la trascendenza era, in funzione dell’età, ancora “acerbo”, ma la fede non mi mancava seppur imperfetta (come lo è tuttora, nonostante di anni ne siano più che raddoppiati da allora…) ed oggi, di quella trascendenza, sovrannaturalità, non ho più dubbi anche in ragione dei tanti “segni strani” ricevuti nella mia vita… e in quel libro riportati.
E voi come la pensate?
Con affetto, vostro Antonio.