PREMESSA
Da cosa nasce l’esigenza di approfondimento relativamente a questi due termini o, meglio, due concetti? Non basta andare a leggere su un vocabolario il loro rispettivo significato e toglierci il dubbio di torno? Certamente e per voler dar ragione a chi la pensasse così, anche per il mio modus operandi, non nego questa possibilità e ne do seguito:
Dall’Oxford Languages:
Sapienza: ricchezza di dottrina e di capacità spirituali, con prevalente riferimento all’universalismo del mondo antico e alla concezione ebraica e cristiana delle virtù morali e dell’essenza stessa di Dio. Uno dei sette doni dello Spirito Santo.
E da Wikipedia:
Conoscenza: è la consapevolezza e la comprensione di verità, fatti o informazioni ottenute attraverso l’esperienza o l’apprendimento (a posteriori), ovvero tramite l’introspezione (a priori).
Prima di procedere ad una analisi dell’argomento, desidero precisare che non sono né un filosofo né un linguista, ma amo approfondire, come persona, anche dal punto di vista semantico ed etimologico, il senso delle parole e il loro uso appropriato nel parlare e ancor più nello scrivere.
ANALISI
Chiarito questo, vi domando: siete soddisfatti dalle definizioni inerenti i due termini circa il quesito che titola questo Blog? A me sembrano un po’ limitative o, quantomeno, le considero come giusto punto di partenza per un approfondimento atto ad assolvere alla lecita curiosità che il quesito sollecita. Siete d’accordo?
In generale, spesso, abbiamo l’abitudine di considerare le parole dando loro non sempre il significato etimologico corretto e tendiamo a servircene in modo improprio così come altrettanto frequentemente consideriamo sinonimi tra loro parole che non lo sono.
Ora è comprensibile che nel parlare comune ciò possa avvenire in quanto c’è sempre la possibilità di precisare, spiegare meglio il concetto laddove non fosse stato chiaro o quel termine usato in modo meno appropriato desse origine ad un equivoco, in ultima analisi, possiamo sempre correggerci. Ma nello scrivere non ci si può permettere questo lusso. Come dice il proverbio latino: “Verbo volant, scripta manent” cioè “Le parole volano, gli scritti rimangono” salvo prendere in considerazione i vari “errata corrige”, cioè “errori da correggere”, con anche eventuali e potenziali conseguenze in funzione di ciò che si è scritto.
Precisato questo, entriamo un po’ di più nel tema oggetto della presente riflessione.
LA SAPIENZA: RETAGGI BIBLICI
A essere sinceri, la definizione di sapienza data in esordio, non mi ha completamente soddisfatto e ne ho ricercata un’altra dal web trovandola in una pubblicazione del sito online www.ecodelnulla.it de “L’Eco del Nulla”, – un’Associazione Culturale – che così la definisce:
Sapere: dal latino sàpere “aver sapore”, “odorare”, quindi in senso figurato “essere saggio”, “aver senno”. Dalla sfera gustativa il significato è passato al naso, e dal naso infine alla testa. Sapere significa intuire il gusto delle cose, ma anche insaporirle, renderle preziose. Come le pietanze col sale.
Che ne dite? A mio parere dà maggiormente il senso proprio che ha questo vocabolo facendone assumere tutta la sua bellezza, la sua “fragranza”. Non che la “conoscenza” sia un termine dal valore inferiore in sé, ma non è paragonabile, a mio avviso, al lemma “sapienza”.
Mi verrebbe da aggiungere che la parola “sapienza” abbia una maggior regalità. A cosa mi riferisco? Mi rifaccio alla Sacra Bibbia dove in 1Re 5-14 si racconta che Dio chiese a Salomone in sogno, nel momento della sua incoronazione come re di Israele, quale dono desiderasse ricevere dal Signore. Ebbene consentitemi, per una più facile lettura, di riportare qui di seguito il brano citato:
“5 In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: «Chiedimi ciò che io devo concederti». 6 Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide mio padre con grande benevolenza, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come avviene oggi. 7 Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. 8 Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. 9 Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?». 10 Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. 11 Dio gli disse: «Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, 12 ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. 13 Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai. 14 Se poi camminerai nelle mie vie osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide tuo padre, prolungherò anche la tua vita»”.
Papa Francesco, nell’Udienza Generale del 9 aprile 2014, afferma, a proposito della sapienza, che: “E la sapienza è proprio questo: è la grazia di poter vedere ogni cosa con gli occhi di Dio”.
E LA CONOSCENZA?
Certo, si potrebbe obiettare, ma senza la conoscenza delle cose, come si riuscirebbe ad amministrare nei diversi ambiti e in modo corretto, sapiente, ciò che non si sa? Assolutamente vero, ma qui non stiamo ponendo in contrasto i due termini tra loro o in antitesi i due concetti, ma stiamo cercando di dare ad ognuno il suo giusto peso e definire se sono tra loro sinonimi, cioè possano essere utilizzati in alternativa, l’un l’altro, con lo stesso significato o meno.
Si tratta, dunque, più di una questione di natura semantica che di una disquisizione su chi “valga di più” o quale sia “più importante” come in una gara per il primato della maggior eloquenza di un termine rispetto all’altro.
Pensiamo, in questa sezione del blog che stiamo trattando, per esempio, ai libri sapienziali (7 in totale: Giobbe, Salmi, Proverbi, Qoèlet – o Ecclesiaste – Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide – o Ecclesiastico) dei quali ben 3 di essi sono attribuiti a quel Salomone del citato e riportato brano biblico: Proverbi, Qoèlet e Sapienza oltre al Cantico dei Cantici. Per amor di precisione, solo i primi i primi 5 possono essere propriamente definiti sapienziali andando a costituire una sorta di pentateuco sapienziale. Mi fermo qui.
Ciò senza nulla togliere alla “conoscenza” che in sua assenza non permetterebbe di “impossessarsi” di quanto contenuto in detti libri non solo a fini accademici, ma anche pratici. Cosa intendo dire? Semplicemente che la sapienza è un qualcosa di estremamente pratico e non solo qualcosa di filosofico perché, nella sua essenza, ci insegna a vivere ed affrontare la vita in modo assennato, ci istruisce su come districarci dalle problematiche concrete dell’esistenza stessa nei vari ambiti: dalla capacità di compiere un lavoro (leggi Esodo: Es 31,3; ribadito ed ampliato in Es 35,30-35) e relative abilità tecniche (leggi Geremia: Ger 10,9) ecc. ed altri riferimenti biblici che ora non possiamo sviluppare ma ai quali vi rimando (tra parentesi alcuni di questi).
Proprio in questi giorni sto leggendo il libro scritto dal fu Cardinale Giacomo Biffi (13/6/1928 – 11/7/ 2015) – “Contro Maestro Ciliegia” – Commento teologico a <<Le avventure di Pinocchio>> Ed. Jaca Book- e che vi invito a leggere, e mi hanno colpito due riflessioni sulla sapienza che, per attinenza a quanto stiamo sviluppando, riporto fedelmente:
“La cosa più ardua nella conquista della sapienza è conoscere l’indirizzo del suo domicilio e arrivare a varcarne la soglia” (pag. 141 del testo)
e
“Chi per orrore della sapienza o per voluttà di vivere secondo il capriccio, si fa somaro, una frusta presto o tardi la trova”
espressioni calate nel contesto del commento al noto racconto del Collodi (Carlo Lorenzini) ma che esprimono la difficoltà a conquistare e far buon uso di questo dono. Non dimentichiamo che, infatti, la Sapienza è uno dei Sette Doni dello Spirito Santo che riceviamo col Sacramento della Confermazione o Cresima.
La prima espressione fa pace con l’importanza della conoscenza “La cosa più ardua nella conquista della sapienza è conoscere l’indirizzo…” quindi bisogna conoscere dove cercarla per poi volersene impossessare.
Ma ancora, nel Vangelo di Matteo, si sottolinea: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.” (Mt 5,13) dove il riferimento al sale e al sapore mi evocano la precedente definizione di sapienza che qui ripeto, riportandola: “…Dalla sfera gustativa il significato è passato al naso, e dal naso infine alla testa. Sapere significa intuire il gusto delle cose, ma anche insaporirle, renderle preziose. Come le pietanze col sale” a conferma, se me lo consentite, della mia dichiarata preferenza, per assonanza, rispetto a quella descritta dall’Oxford Languages.
Aggiungo, così come il termine sàpido agg. [dal lat. tardo sapĭdus, der. di sapĕre «aver sapore»] definisce un piatto saporito, trova nel lemma “insipido”, il suo opposto, così come definiremmo una persona che non sa o sa poco di quello che dovrebbe sapere, cioè di colui che vive nell’ignoranza ed, estendendone il significato in senso figurato, non si dice, forse, di costui, che è un essere, un tipo, “insipiente”?
E questo passaggio ci consente di introdurre brevemente il concetto di conoscenza che possiamo anche definire come un insieme più o meno ampio di nozioni, di competenze sino a quanto più uno possa apprendere e ricordare.
Per fare un distinguo, al termine conoscenza, inoltre, è anche possibile associare, in negativo, l’aggettivo riduttivo “superficiale”, cioè una cultura non approfondita, aggettivo impossibile da affiancare alla parola “sapienza”: una sapienza superficiale stonerebbe assumendo un carattere contraddittorio in termini, appunto, quasi “cacofonico”. Vero è che al nome conoscenza si potrebbe abbinare, in positivo, l’aggettivo “profondo” mutando senso e frase in “conoscenza profonda” riferendosi a persona colta e preparata, ma anche qui difficilmente la si potrebbe associare a “sapienza” perché quest’ultima, se lo è autenticamente, si autodefinisce già tale.
CONCLUSIONE
Come sempre, ritrovandomi alla fine dell’articolo redatto, mi interrogo se sia riuscito nell’intento che mi ero prefisso alla partenza, e lascio a voi il giudizio di merito e, se vi farà piacere, a volermelo anche comunicare scrivendomi la vostra opinione in proposito. Prima di lasciarvi, desidero congedarmi con una breve poesia, a me molto cara, di Luigi Sailer – scrittore italiano nato a Milano nel 1825 e deceduto a Modena nel 1885 – che ho avuto modo di riportare anche in altre occasioni (e che farà parte di una mia prossima opera letteraria, a livello di introduzione) il cui titolo è:
Il Sapere
“Veramente alla noce io m’assomiglio:
amaro è il mallo a chi vi pone il dente;
duro il guscio a chi morde;
e finalmente ai costanti è dolcissimo il gheriglio”
e qui, in deroga a quanto sinora scritto, alle parole “sapere e conoscenza” concediamogli il senso di “sinonimi”…
Con affetto, Vostro Antonio.