PREMESSA
Ci risiamo… E dagli ancora con questi argomenti triti e ritriti!
Quando ho iniziato a scrivere il titolo di questo Blog, mi son chiesto quanto potesse essere di interesse visto che se ne parla spesso e volentieri con due atteggiamenti classici: uno paternalistico-nostalgico, della serie “Ah, questa gioventù! Non sono più come i giovani di una volta!” o caricandoli di aspettative – nostre, più che loro – per perpetuare un modello sociale che mostra tutti i propri limiti e affidandoci a loro perché lo migliorino e creino una società ideale che noi non siamo stati capaci di realizzare.
ANALISI
Il tema che desidero sviluppare corre un grosso rischio: la retorica! L’argomento presta inevitabilmente il fianco di chi lo redige in quanto è normale trarre quelle conclusioni che sono frutto della propria esperienza di vita, fatta di scelte, decisioni – ora vincenti, ora deludenti – che hanno condizionato e condizionano tuttora il proprio modo di vedere una prospettiva proiettata nel futuro per le nuove generazioni.

Sono padre anch’io di due figli appartenenti, secondo le nuove classificazioni, alla generazione “Y”, i “Millenials”, cioè coloro nati tra il 1981 e il 1996 mentre il sottoscritto appartiene ai “Baby Boomers” (“Baby”… di ieri) e cioè dei nati tra il 1946 e il 1964: direi che ci sono dai 30 ai 50 anni di differenza e ancor di più con le generazioni successive (“Z” e “Alpha”…) e relativa mentalità.
Perché questa rilevazione generazionale? Perché credo non sfugga a nessuno che se già tra le generazioni più vicine – a volte anche 5 anni di differenza fanno la… differenza – ci sono modi di vedere tra loro diversi, potete facilmente immaginare se detto gap è di 30/50 anni! Ma questa è la storia del mondo che ha visto lotte, contrasti, sino a “guerre” tra generazioni, politiche e sociali (il ’68, uno per tutti) che hanno messo tra loro in contrapposizione genitori e figli: “conservatori” i primi, “progressisti” i secondi.

E sin qui, nulla di nuovo sotto al sole perché ogni epoca ha avuto i propri contrasti, aldilà del differente modo in cui si sono manifestati, più o meno violento, ma che son serviti per progredire (talvolta, però, anche involvere…) nella evoluzione della società in senso lato.
TRA PASSATO E PRESENTE
A fronte di questa volutamente sintetica analisi, concentriamoci ora sulle prospettive che lo sviluppo del nostro modello sociale potrà consentire e garantire alle attuali e future generazioni alla luce dell’evoluzione tecnologica e della digitalizzazione. Prendiamo da Wikipedia un paio di definizioni per sgombrare il campo da interpretazioni soggettive di questi due concetti:
- “Evoluzione tecnologica è il termine della seconda metà del XX secolo che indica la teoria degli studi su scienza e tecnologia sviluppata dal filosofo ceco Radovan Richta, volta a descrivere il processo dello sviluppo tecnologico”
e
- “La trasformazione digitale comporta l’integrazione di tecnologie e soluzioni digitali in ogni area di un’azienda. Si tratta di un cambiamento culturale tanto quanto tecnologico, che impone alle organizzazioni di cambiare radicalmente il modo di operare e di offrire customer experience e vantaggi”.
Penso che soprattutto dalla seconda definizione: “…Si tratta di un cambiamento culturale tanto quanto tecnologico, che impone alle organizzazioni di cambiare radicalmente il modo di operare e di offrire customer experience e vantaggi” emerga evidente un processo di cambiamento radicale, cioè totale, verso cui le precedenti generazioni – analogiche – fanno più fatica ad adeguarsi rispetto a quelle dei giovani su richiamate – digitali – per le quali è pressoché la normalità.
È chiaro che da questo contrasto può nascere un rallentamento nello sviluppo di beni e servizi e che quei vantaggi possano rimanere appannaggio solo delle nuove generazioni in quanto, gli “anziani”, fanno molta più fatica ad avvalersene, pur riconoscendone l’utilità e i benefici derivanti, ma spesso incapaci di utilizzare le nuove tecnologie per goderne.
Teniamo anche presente che per superare questo “analfabetismo digitale”, soprattutto per le persone anziane e molto anziane, poco si è fatto. Ricordo il famosissimo maestro Alberto Manzi che con la trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi”, dal 1960 al 1968, insegnò a leggere e a scrivere ad una Italia rurale, contadina e operaia. Alcuni programmi, in particolare sull’uso del PC, sono stati fatti ma con un livello di apprendimento difficilmente quantificabile. Forse occorrerebbe un nuovo maestro “digitale” al suo pari.
La cosa più frequente, visto l’uso diffusissimo dei telefoni cellulari sempre più evoluti, veri e propri PC tascabili…, che consentono pagamenti, acquisti, navigazione in Internet e quant’altro (oh, servono anche per telefonare…) è il ricorso ad un figlio o a un nipote che supplisca le carenze dei loro genitori e/o nonni. Del resto la velocità con cui cambiano dispositivi, funzioni e programmi non consentono, in particolare a chi ha una certa età, di riuscire a star dietro a tutte queste innovazioni tecnologiche e ad adeguarvisi.

Un tempo era facile passasse un decennio tra una scoperta tecnologica di uso comune e l’altra. Oggi, è facile che nel giro di alcuni mesi vengano apportate innovazioni che soppiantano quelle appena realizzate! L’obsolescenza (anche “programmata”) dei dispositivi elettronici e digitali è sotto i nostri occhi: classico quello dei cellulari che dopo qualche anno (se non prima!) devono essere sostituiti con nuovi modelli pena non poter essere più utilizzati al meglio delle loro potenzialità. Oltretutto c’è una differente impostazione dettata proprio dalla velocità dei cambiamenti che si scontra con la forma mentis con cui la generazione “Baby Boomers” è cresciuta: all’epoca si doveva imparare studiando una materia per poi applicarla. Oggi, si apprende facendo in quanto questa continua evoluzione non dà il tempo di appropriarsi di una conoscenza che, dopo breve, ciò che si è acquisito è già superato, è diventato obsoleto. Pensiamo solo ai “telefonini”, come dicevo, agli optional delle automobili, ai televisori (ormai autentici pc), agli orologi digitali e a tutte le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale (IA) che utilizziamo senza nemmeno saperlo o, meglio, che non sappiamo sfruttare nelle loro potenzialità: è come avere in mano una Ferrari ma guidarla come se fosse una Fiat 500 (ma quelle di una volta, con la famosa “doppietta” per effettuare il cambio delle marce… “preistoria”! e parliamo del 1957… non del 1700!).
PROSPETTIVE FUTURE

Ma quale sarà, alla luce di queste riflessioni, il futuro che attente i Millenial, gli “Z”, gli “Alpha”? Certamente saranno avvantaggiati perché figli di quest’epoca, ma avranno un futuro così roseo? Guardando alla situazione mondiale, qualche brivido mi corre lungo la schiena perché i venti di guerra che spirano, i conflitti già esistenti – e non mi riferisco solo ai due maggiori in atto, Ucraina-Russia e Israelo-Palestinese – ma anche a quelli sparsi per il globo – circa 60/65 – la famosa terza guerra mondiale a pezzi come più volte ha detto Papa Francesco, e alla minaccia nucleare sbandierata come se fosse la “panacea” per portare la pace…, sinceramente non mi rassicurano.

In un’economia sbilanciata dove l’anno scorso, nel 2023, soltanto 26 individui possedevano la ricchezza di 3,8 miliardi di persone, equivalente alla metà più povera della popolazione mondiale, capite bene che una così assurda distribuzione e, soprattutto, pericolosa concentrazione di ricchezze nelle mani di poche persone, non possa dare tranquillità al mondo intero. L’economia delle nazioni sarà sempre condizionata da quei “super-poteri” derivanti da tale opulenza, che trasforma le democrazie in “oligarchie”: vi dice niente il termine “oligarga” riferito ai potenti e ricchi signori russi? Se a ciò uniamo la follia egemonica di qualche pazzo al potere di alcune nazioni che giocano a fare la guerra, ovviamente per espandere e consolidare il proprio potere economico-finanziario nonché politico, allora il dramma è completo.


E per i nostri giovani quali prospettive si offrono? Certamente non possiamo piegarci ad una visione pessimistica del futuro, altrimenti non ci resterebbe che “spararci”, ma è altrettanto certo che, parlando dell’Italia (ma non mi sembra che nel resto del mondo le cose vadano meglio) oggi come oggi costituire una famiglia – che equivale ad aver una casa e prima ancora un lavoro – per poi mettere al mondo dei figli, con le condizioni di difficoltà derivanti anche per la semplice gestione pratica che ciò comporta (vedi carenza di asili nido in rapporto alla domanda, nonostante la drammatica denatalità!) oltre a quella economica per crescerli, visto che gli stipendi sono spesso insufficienti per far fronte alle rate dei mutui, all’inflazione che taglieggia quei quattro risparmi, laddove si riesca a realizzarli, e ai costi della vita quotidiana, stia diventando sempre più una chimera!

Vorrei essere positivo e costruttivo, ma quando per arrivare a fine mese ci si deve appoggiare alla pensione dei genitori, utilizzare i nonni come babysitter a tempo pieno perché non si hanno i soldi per l’asilo privato con rette che si aggirano sugli 800 €/mese (per aver diritto a quello pubblico, devi avere un ISEE da “morto di fame” o ai limiti della sopravvivenza… o un reddito da “immigrato”… cioè essere praticamente nullatenente) doversi pagare a rate un’auto per poter andare al lavoro, ecc., ecc. beh… mi diventa difficile “pensare positivo”.
Per non parlare del sistema previdenziale che per chi inizia a lavorare dopo l’università vede un lunghissimo percorso lavorativo con l’incognita di riuscire a percepire la meritata pensione dopo 43/…? anni di lavoro e di un importo che risulterà essere sempre più ridotto: se non provvedi a stipulare una pensione integrativa, rischi di doverti arrangiare in qualche modo… con un assegno di perequazione insufficiente a sostenere uno stile di vita decoroso. Ma anche per detta pensione integrativa devi avere i soldi per pagartela, e dove li vai a prendere?
E auguriamoci che godano sempre di ottima salute perché, purtroppo, l’assistenza sanitaria pubblica presta il fianco a tempi/liste di attesa talvolta biblici, a meno di rivolgersi alla sanità privata, potendoselo permettere, pagando di tasca propria. Ora sembrerebbe che qualcosa stia cambiando, almeno sulla carta, ma tra il dire, l’aver diritto e il riuscire ad ottenere ciò che ti spetta, ci sono sempre ampi margini di tolleranza e discrepanza.
Dunque tutto nero per il futuro dei nostri figli? No, anche qui, chi si impegna nella propria esistenza, alla fine riesce ad emergere, non senza sacrificio, non senza saper fare delle rinunzie, con uno spirito di adattamento che non sempre, bisogna anche ammetterlo, non sempre presente nei giovani (e che credo il “famoso” o “famigerato” “reddito di cittadinanza” non ha certo aiutato a rafforzare…) magari anche con un pizzico di fortuna ma, come dice un vecchio proverbio, “Aiutati che il ciel ti aiuta”. Forse qui entreremmo in un ambito a me molto caro nel senso che, spiritualmente, per chi ha fede nella Provvidenza, la prospettiva del futuro appare meno buia, affidandosi, non senza il proprio impegno, al Padre eterno che non abbandona mai nessuno di chi a Lui chiede un aiuto.
Per me è sempre stato così (per chi lo desiderasse, in settembre, pubblicherò una mia autobiografia professionale dove questo tema è ben presente, ma non voglio “spoilerare”, cioè anticipare i contenuti di cui si parlerà in quel testo) e con questo spirito ho sempre affrontato la mia vita non priva di difficoltà, con situazioni analoghe a quelle descritte, calate nel contesto dei miei tempi.
CONCLUSIONE
Non vorrei proprio all’ultimo scivolare sulla o nella retorica e, se avete notato, ho cercato di fare il possibile per non cadere nei due atteggiamenti evidenziati in esordio a questo articolo, cioè quello “paternalistico” (“…ai miei tempi… questi giovani…”) né di “predicatore” di ciò che dovrebbero fare i nostri figli per porre rimedio e/o raddrizzare questo mondo (che noi abbiamo “inclinato” alla grande…) a fronte anche di tutti i disastri che pure sotto il profilo climatico abbiamo contribuito a generare per uno sviluppo industriale dissennato in sfregio ad una natura che si sta ribellando, fermo restando che per pretendere il livello di benessere attuale (purtroppo non per tutti e spesso a scapito di quelle popolazioni dove abbiamo sfruttato, a nostro vantaggio, le loro terre) non c’erano, evidentemente, alternative, soprattutto se questo status di benessere è stato preteso in tempi brevi.
Auguriamoci ed auguriamo loro che possano far tesoro dei nostri errori, non ripeterli e, se ci riusciranno, a migliorare quel po’ di buono che siamo riusciti a realizzare, comunque, anche per il loro bene, per cercare di offrire loro una condizione di vita migliore, forse non riuscendoci appieno, ma che sia fatta salva, almeno, la nostra buona fede ed intenzione. Chissà che con le nuove scoperte scientifiche possano riuscirci e, consentitemelo, anche con l’aiuto del Creatore al quale rivolgersi con quell’umiltà che può essere mancata “ai nostri tempi”.
Con affetto, vostro Antonio.