Ahi… Ahi… qui gatta ci cova!
Proverbi, detti che, lungi dall’essere superati, nel tempo però si sono adattati anche loro.
Cosa intendo?
Semplicemente che certi modi di dire, una volta validi un po’ a senso unico, oggi trovano nuove applicazioni (e non solo digitali, ma anche molto fisiche…).
Un tempo l’espressione riportata nel titolo era appannaggio quasi esclusivo degli uomini o, perlomeno, da questi vantata come esclusiva ma se ci riferiamo, così come appare chiaro, alla tresca estiva, se c’è un uomo che tradisce, ci sarà anche una donna compiacente, a sua volta impegnata (fidanzata, sposata o “accompagnata”) che aderisce alla proposta, fatto salvo l’essere, uno dei due, “single”.
Ma analizziamo con calma questa realtà che i mesi di ferie propiziano per realizzare questi sogni proibiti, vuoi per chi rimane da solo a casa propria e con il partner in vacanza o, viceversa, per chi si trova in villeggiatura.
Proibiti? Beh, almeno sulla carta, nel senso che, come recitava una passata canzone, “Si fa, ma non si dice” della cantante Milly Monti (pseudonimo di Carolina Francesca Giuseppina Mignone nata il 26 febbraio 1905 e deceduta nel settembre del 1980): si fa… ma non si dice (appunto), ma a volte si scopre…
E si scopre che non solo i maschietti sono dediti a questa attività extra-coniugale, ma anche le femminucce non si tirano di certo indietro in una parità sessuale ormai raggiunta e sdoganata per le più.
Giusto o sbagliato? Bella domanda, ma la risposta non è scevra di implicazioni morali e sociali. Forse la domanda dovrebbe essere un’altra, ovverosia: perché si tradisce?
Vi confesso ed anticipo che su questo tema ho scritto un libro che a breve potrà essere disponibile, ma in questo articolo non vorrei esaminare in modo approfondito queste motivazioni, benché l’argomento si presti, quanto piuttosto l’atteggiamento che il consesso sociale riserva a questa realtà, sempre esistita (ma un tempo molto più nascosta) che, parafrasando il titolo della canzone, si può tradurre in “Si sa, ma non si dice”.
E non si dice sino ad un certo punto, o meglio non a tutti, ma agli amici/che più fidati sì, perché una “scappatella” (che fa molto rima con “scopatella”) non raccontata non è completamente vissuta, le manca qualcosa… vedi, per esempio, il consenso e il plauso complice di chi la pensa, ed agisce, allo stesso modo. O no? Atteggiamento goliardico soprattutto presente negli uomini, esibizionisti per natura.
Una volta, ma credo tuttora ancor dura a morire, la mentalità della società era quella che se un uomo avesse avuto cento amanti era un playboy, se una donna avesse avuto un amante, sarebbe stata classificata come una donna “leggera”, nella migliore delle ipotesi, senza lasciarmi andare ad apprezzamenti ben più coloriti.
Ed oggi è ancora così? Probabilmente, in pubblico, con la ventata femministica del ’68 e delle “pari opportunità”, anche in materia sessuale, difficilmente qualcuno si permetterebbe di esprimersi attribuendo epiteti volgari a colei che vivesse una duplice realtà affettiva.
Non solo. Si è ormai giunti pure ad una esplicita “rivalutazione” di ammettere, anche pubblicamente in televisione, che questa raggiunta libertà sessuale sia esercitabile in modo altrettanto lecito dal gentil sesso e non più solo come una esclusiva ad appannaggio del sesso forte.
I tempi cambiano e non saprei dire se in meglio o in peggio, ma anche sotto questo profilo, nelle società definite emancipate, la fedeltà coniugale non è più considerata come un valore “sacro”, “indiscutibile” così come il matrimonio non lo si ritiene più come “indissolubile” (anche da chi è cristiano cattolico e lo contrae in chiesa, o meglio, di fronte a Dio, il che se dichiarato alle autorità ecclesiastiche potrebbe portare alla “nullità sacramentale del matrimonio cristiano” stesso).
Anche per la legge, l’adulterio non è più perseguibile penalmente. Infatti: “L’infedeltà coniugale non rappresenta più un reato, con le due sentenze della Corte Costituzionale (n. 126/1968 e n. 147/1969) che hanno dichiarato illegittimi gli articoli 559 e 560 del Codice Penale, ma rappresenta un fatto di elevata rilevanza sul piano giuridico.” e, aggiungerei, sociale.
Ora, il tema del divorzio e delle separazioni e relativi attori, è un argomento che ho trattato parzialmente e frammentariamente in altri articoli che ho redatto in questa pagina del mio sito riservata ai blog, relativamente ai contesti lì sviluppati, ma in questo articolo lo cito per attinenza, non come punto centrale di discussione.
Qui, ciò che desidero sviluppare è come il senso comune (no, non del pudore… esiste ancora?) delle persone prenda in considerazione questo mutato costume e quali effetti, quale impatto, questo modus operandi può avere sulla tenuta dello stesso tessuto sociale.
Esagero? Qualcuno potrebbe affermare che per una “scappatella” estiva, mi sembra eccessiva questa preoccupazione… Può darsi, ma riflettiamo un attimo su cosa può accadere come conseguenza di questi comportamenti liberi e libertini… escludendo quelle situazioni in cui la tenuta dell’unione della coppia sia arrivata al limite motivo per cui la conoscenza di un nuovo lui o lei non sono da intendersi come uno “svago”, un passatempo, ma una occasione per rifarsi reciprocamente una nuova vita.
Quando si ha una relazione occasionale il rischio è che possa venir scoperta da parte dell’altro con relativa reazione che non sempre sfocia in una rottura del rapporto, ma di certo tende a comprometterlo facendo venire meno quel patto di fedeltà e fiducia reciproche alla base del patto coniugale o della convivenza di fatto (a meno che questo valore della fedeltà non sia stato messo da parte sin dalla partenza e cioè non viene considerato tale dalla coppia stessa: vale il principio dell’amore libero…).
L’altro aspetto è la conseguenza che può avere non solo sull’unità della coppia, ma sulla prole eventualmente messa al mondo: i figli sono i capri espiatori involontari e incolpevoli di queste situazioni. E, indipendentemente dall’età, la loro sofferenza è sempre grande perché fanno fatica ad accettare, prima, e a comprendere, poi, il perché di quella separazione/divorzio a cui i loro genitori potrebbero giungere o son già giunti.
E questo come si riflette nella e sulla collettività? Non è forse un problema relegabile alla singola famiglia? Se così fosse, potremmo aver perso tempo, io a scrivere questo blog, voi ad averlo letto, almeno sin qui.
Purtroppo o per fortuna, la società è paragonabile ad un tessuto umano. Prendiamo, come esempio, la pelle, facente parte del cosiddetto “apparato tegumentario”. Semplificando, questo tessuto è costituito da cellule epiteliali che costituiscono un pavimento con molte incredibili funzioni: dalla protezione dagli agenti chimico-fisici/atmosferici esterni – sole, acqua, vento, ecc. – alla difesa dalle aggressioni batteriche, virali, micotiche e parassitarie; dai traumi – entro certi limiti – alla termoregolazione del nostro corpo. Mi fermo qui, ma altre nobili funzioni sono appannaggio di questo tessuto di importanza vitale. Pensiamo solo ai grandi ustionati che sono esposti a tutta una serie di patologie derivanti dalla assenza di questo tessuto per gran parte del proprio corpo: infezioni, in primis, disidratazione, ecc. col rischio non escluso della propria sopravvivenza.
Allo stesso modo, la nostra società, è un insieme di “cellule”, le famiglie, che ne costituiscono l’intelaiatura portante e interagente per poter generare le migliori condizioni di vita. Se tutte le cellule epiteliali o la stragrande maggioranza sono sane, il tessuto è sano, ma se, viceversa, la maggior parte è malata, anche l’apparato tegumentario ne soffre e comporta conseguenze per tutto l’organismo umano.
Così, fuor di metafora, una società in cui la stragrande maggioranza delle famiglie sta male (per motivi di condizioni economiche, di “sfaldamento”, ecc.) non può essere sana: famiglie disgregate generano le basi di figli abbandonati a sé stessi perché il genitore a cui sono affidati, per causa di forza maggiore – il loro mantenimento economico – non sempre può essere loro accanto per educarli, seguirli, ed evitare che le cattive compagnie possano deviarli dalla retta via.
Quanti giovani si ritrovano coinvolti in situazioni illegali perché non seguiti come dovrebbero, purtroppo anche in famiglie “regolari” – ma qui subentra un altro discorso, quello delle REGOLE educative – dove i genitori separati, irresponsabilmente, scaricano l’uno sull’altra le responsabilità di crescere il o i figli essendo distratti dal nuovo lui o lei che si è conosciuto occasionalmente in quell’estate, conoscenza/amicizia che poi si è trasformata in una relazione parallela sino a quando non è sfociata in un’altra e più stabile realtà affettiva.
Ripeto, lo scopo di questa riflessione non è quella di voler assolvere l’uno e condannare l’altra, ma di prendere in considerazione ciò che una apparente ed “innocente” tresca può comportare. I sentimenti spesso ci giocano tiri mancini e l’infatuazione momentanea si può tradurre in una passione travolgente che ci sconvolge la vita nostra e degli altri, collettività inclusa anche se non si vede una immediata causa-effetto derivante.
Nell’attuale società, inoltre, lo sviluppo tecnologico e digitale ci consente di poter contattare ed essere contattai liberamente in modo discreto e facilmente occultabile al nostro partner motivo per il quale innescare complicità anche a grandi distanze è molto facile. Sì, ma se sono a grandi distanze, al massimo il tutto si può esaurire in quella pratica detta “sexting” che così è definita da Wikipedia: “Il termine sexting, derivato dalla fusione delle parole inglesi sex (sesso) e texting (inviare messaggi elettronici), è un neologismo utilizzato per indicare l’invio di messaggi, testi, video e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare o tramite internet”.
“E va beh, che c’è di male? Sì d’accordo è anche questa una forma di tradimento, ma innocente…” qualcuno potrebbe giustificare questo modo di relazionarsi con un’altra persona, sicuro che il tutto possa esaurirsi lì. E a volte è così, ma bisogna fare attenzione perché non sappiamo chi sia quell’uomo o quella donna che, dall’altra parte del “cavo telefonico”, potrebbe registrare le nostre immagini, foto o video sexy espliciti, per poi cercare di ricattarci dicendoci che metterà su Internet quelle immagini se non procediamo a effettuare pagamenti nelle forme più varie (vedi Gift Card, ecc.).
Di fatto ci vediamo ricattare ma per paura di farci scoprire e veder messe in rete le nostre immagini (qui subentra un reato penalmente perseguibile in Italia detto “revenge porn” che tradotto letteralmente significa “vendetta porno” o “vendetta pornografica”. Con questo termine si indica quella odiosa pratica consistente nel vendicarsi di qualcuno (spesso l’ex partner) diffondendo materiale sessualmente connotato che lo ritrae.) siamo disposti a pagare anche cifre importanti perdendo soldi e serenità, perché se la persona (spesso organizzazioni criminali) capisce di poter spillare soldi per la paura del soggetto di essere scoperto (magari una persona nota anche della vita pubblica…) è chiaro che continuerà sin a prosciugare il conto di quell’ingenuo latin lover…
Capite quali sconquassamenti può generare in una persona e in quella famiglia un “innocente” momento di evasione? E speriamo che con una tempestiva querela si possa bloccare una pericolosa excalation che potrebbe derivarne oltre ad una perdita di immagine nei confronti del nostro coniuge/compagno/fidanzato e collettività che ci conosce (i nostri amici e colleghi di lavoro) e l’intera comunità se la cosa dovesse andare oltre, soprattutto se, ripeto, persona pubblica (politico, artista dello spettacolo, ecc.). Provate a moltiplicare per “x” persone/famiglie e capite che il problema diventa di natura sociale e non più semplicemente privata…
Ma non eravamo partiti da un innocuo e goliardico modo di dire? Credo che, al termine di questa lettura, ci si penserà due volte prima di cedere così facilmente ad una proposta galante, maschio o femmina che sia, perché un attimo di debolezza potrebbe costarci caro, molto caro, anche se in quei momenti non si avrà sempre la lucidità mentale e la consapevolezza delle conseguenze personali e comunitarie derivanti.
E se riproponessimo questo proverbio “rivisto e corretto”? Del tipo:
“Agosto, moglie/marito mio, ti conosco e forse è meglio parlare prima tra noi se qualcosa non va come vorremmo o come dovrebbe andare, onde evitare di farci del male reciproco che, inevitabilmente, ricadrebbe anche su chi ne è stato l’artefice, attivo o passivo, figli compresi”.
Che ne dite?
Con affetto, buone ferie, buon agosto e fate i bravi (non le bravate…!).
Vostro Antonio.